Dai coniugi Maria Grazia Chiurazzi e Filippo Padula hanno avuto origine quattro generazioni. “Cuginata 2015” è un ritorno dei discendenti a Tursi, alle origini, tra mille emozioni

Storia di Tursi

Estate a Tursi, anche di appuntamenti privati, di arrivi, ritorni e ripartenze, altrettanto interessanti e importanti per le umane vicende dei tanti tursitani sparsi nella penisola. Devo a Rosa Giladino questa particolare segnalazione, che la riguarda con tutta la famiglia. È lei la prima a riconoscere il merito alla procugina Concetta Latronico, residente a Trani, la quale ha realizzato il “ritorno alle origini”, di fatto invitando i discendenti dei coniugi Chiurazzi-Padula. Costei ha poi creato un album con 147 fotografie, facendo stampare e distribuire la foto dei nonni ai cugini presenti, oltre ad aver preparato per tutti la calamita con la pergamena della “cuginata”, come originale ricordo dell’ evento.

Un raduno familiare simpaticissimo già dal titolo, appunto, “Cuginata 2015”. Tutto è cominciato dalla foto della casa pubblicata su Facebook, ubicata in via Ludovico Ariosto n. 1 (vicino all’ex Mulino Giampietro e alla casa del medico Romano, ndr), dove sono vissuti i nonni, e utilizzata come richiamo dell’anima. “Solo la nipote Maria Grazia Palmieri (madre di Rosa Gialdino, ndr), figlia della secondogenita Rosa Padula, risiede a Tursi, mentre la maggior parte dei discendenti abita a Policoro e in altre località, perciò nell’amato paese sono venuti anche da Nova Siri Scalo, Matera, Trani e Torino. Li ha mossi la voglia di rivedere quei posti e quelle stradine, per ritornare a riviverci sia pure per poche ore, e per farli conoscere ai figli. Ma soprattutto per ritrovarsi tra cugini, anche perché con alcuni di loro ci sono stati momenti indimenticabili. Aiuto fondamentale in questo percorso è stata la collaborazione di Rosa Gialdino, tursitana straordinaria. Per il prossimo incontro faremo meglio. L’albero disegnato da mia cognata Cosima Stigliano è bellissimo, ma i nomi si leggono appena, d’altronde siamo davvero tanti!”, spiega la signora Latronico, dopo un giro della memoria, dalla cattedrale a “u’ pizz’”, alla ricerca del tempo passato che più non torna.

Agli inizi del ‘900, la giovane coppia di sposi, formata da Filippo Padula (13 agosto 1893 – 26 novembre 1979) e Maria Grazia Chiurazzi (23 giugno 1898 – 13 novembre 1979), mise al mondo cinque splendide figlie femmine: Giulia, Rosa, Giovanna, Anglona e Antonia, solo quest’ultima è ancora vivente (madre di Concetta Latronico). Tutte loro si sono sposate e hanno avuto figli che, assieme a generi e nipoti (anche acquisiti), formano la stirpe materna composta da 124 persone, con tanto di albero genealogico (ma alcuni di loro sono deceduti). Sono cugini di prima generazione (presenti al raduno), dalla più piccola alla più grande: Concetta Latronico, Vincenzo Palmieri, Filippo e Vincenzo Latronico, Antonietta Palmieri, Mario Lillo, Carmela Palmieri, Filippo Lillo, Vito Tristano, Angela Lillo e Maria Grazia Palmieri. Appartengono alla seconda generazione: Martina, Giovanni, Vito, Edoardo, Francesca, Lucio, Mariella, Carmela e Rosa. Sono cugini di terza generazione: Maurizio, Francesco e Gabriele. A costoro si aggiungono i cugini acquisiti: Mario, Giovanni, Anna, Luciano, Cosima, Carmela, Antonio, Rita, Giusy, Antonietta.

Concetta Latronico, 44 anni, nata a Policoro, è mamma a tempo pieno, con un diploma di Maturità scientifica e la passione per internet e la lettura. Vive a Trani, ma il cuore batte lucano, perciò ha caldeggiato questo “Ritorno alle origini – ribadisce –, soprattutto per le nuove generazioni, perché capiscano il valore della famiglia così come ci è stato insegnato e come lo abbiamo vissuto noi”. Ama e vive di passioni quotidiane, dando ampio spazio e sfogo alla creatività, perfino le torte realizzate già da piccola le decorava con fantasia, con i mezzi di allora. Nel 2011 è nata la passione per il cake design e successivamente l’idea di creare party a tema da abbinare alle torte, partendo da una caratteristica, da un colore, da un gioco, e poi con tutti i particolari che ruotano intorno a esso.

E Rosa Gialdino aggiunge una curiosità anticipatrice: “Un giorno nella pagina FB ‘Atmosfere del passato ‘ trovai la foto di un antico letto matrimoniale con una bambola seduta al centro. Mi emozionai tantissimo e la condivisi, taggando alcuni parenti. Il cugino di mia madre, Francesco Tristano, mio coetaneo, espresse in un commento il desiderio di voler rivedere la casa dei suoi nonni (cioè dei miei bisnonni) e subito lo accontentai, mostrando in un altro commento la foto che avevo scattato alcuni anni prima. In quel commento successivo inserii la foto dei due anziani coniugi che avevo trovato in casa di mia nonna Rosa, deceduta appena lo scorso anno. A quel punto Concetta Latronico ebbe l’idea di dar vita al raduno dei cugini. Anche l’albero genealogico è frutto delle sue ricerche e della sua creatività e sempre lei ha ideato e realizzato la calamita a forma di cuore con la pergamena”.

Un ritorno a Tursi che potrebbe avere un seguito, un’idea che potrebbe essere benignamente contagiosa.

Salvatore Verde

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Rosa Gialdino ha omaggiato la grande famiglia con questa sua poesia, scritta quando anche lei era lontana da casa e ripensava ai bei momenti della sua infanzia. “Lei è (stata) bravissima e la ringraziamo per le emozioni che ci trasmette ancora” , commenta Concetta Latronico.

U PUZZ’ (Siena, 27 aprile 2002)
M’arr’còrd’ ca adda nònn’, v’cin’ a chès’,
Cèr’t’ com’ nu monumènd’ tunn ‘nda na rès’.
Mò l_èn’ cumm’gghièt’
e n_alb’r’ d’ m’mos’ c_èn’ chiandèt’!
L_avit’ d’ fèrr’ u sicchiarèll’,
attacchèt’ a nna sbarr’ ch’ na cord’cèll’
e com’ br’llai’t’
quann u sou’ chi ragg’ c’ s’ sp’cchiai’t’!!!
Ma iè num m’ putiia mov’ lib’ramènd’,
tutt’ a ffè i s’nd’nèll’ chilla gènd’…
éppur’ ch’ nnu tumbagn’ l_avin’ tappèt’
e chi pétr’ gròss e p’sand’ l_avin’ f’rmèt’…
appén’ m_avv’c’nèi’:
“sa fè arr’curdè angunu uei’…?”
m’ rimbumbait ndi ricchi’…
Quand’ m’ dispiacìt’ di quillu sicchi’
ca it’ a vidé add’ purtai’t’
chilla allar’i’ allèrt’ tanda àv’t’…
M’ facit’ n’ picca ‘mbrission’,
u scur’ ier’t’ nivr’ cum u t’zzon’.
Cum s_avit’ fatt’ a fè a chès’ a mònachèll’?
Fòrs’ s_avit’ scafèt’ na grutt’cèll’,
nda chilla um’d’tè
pur’ sènza luc’ avìta stè…
Att’rait’ i uagnun’ ch’ tanda ma’strii’,
fòrs ch_avé n’ picch’ d’ cumbagnii’.
Quann’ chilla mèra vòt’, m’ c’ facin’ affaccè,
ch’ tutt’ i sann’ m’ mittii’ a gr’dè
e com s’ d’v’rtit’,
tutt’ i finèl’ di parou’ mei’ r’p’tit’.
Ch’ nu zumb’ da f’lin’,
nda l_artesian’, pov’r Alfredin’
ch’ ‘ngòndr’ é gghiut’ a fè!
S_èn’ fatt’ foch’ e fiamm’ ch’ ll’ salvè…
Quand’ n_èt_avut’ d’ curagg’
e tutt’ u munn’ è fatt’ chiang’!
Quann’ ci pènz’, tutt_or’
mÈÈ’ fèt’ sèmb’ tupp’t’ ndu cor’…

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