Il miglior film girato in Basilicata? “Il demonio” (1963) di Brunello Rondi, per il grande Luigi Di Gianni, maestro italiano del cinema documentario

Cinema
Luigi Di Gianni, grande documentarista del cinema italiano

Roma, zona Eur-Garbatella, primo pomeriggio di mercoledì 25 gennaio. Il quartiere è curato e tranquillo, non si avvertono neppure i tanti rumori della metropoli. In una palazzina circondata da giardino è l’ampio appartamento, caldo e accogliente, di Luigi Di Gianni, il grande maestro italiano del cinema documentario, a 91 anni lucidissimo e scaramantico, perciò anche ironico. Dal 2014 è presidente della Fondazione Lucana Film Commission. Siamo in compagnia del giovane commercialista Lucio Lecce, per la riunione romana del consiglio di amministrazione della Fondazione, in attesa della consigliera Antonella Pellettieri e del direttore Paride Leporace. Inevitabile la conversazione e altrettanto naturale l’argomento, già dagli spunti che l’arredamento e i tanti oggetti offrono, assieme a mobili e quadri particolari, oltre a libri e riviste.

Lucano? Si Maestro, sono di Tursi.

Un paese suggestivo, in assoluto tra i più belli. Ci sono stato diverse volte, l’ultima una decina di anni fa, ho dormito molto bene nella incredibile Rabatana. A lungo ho coltivato il progetto di un film su Albino Pierro, tra i grandi poeti del secondo Novecento, una poesia da vertigini come la sua terra. Un documentario su di lui, dopo la morte, ma poi non se n’è fatto niente, purtroppo. Era di sicuro anche un uomo particolare, con i suoi baffetti, e mi dicevano che fosse dotato anche di molta ironia.

Il miglior film girato in Basilicata?

Senza dubbio Il Demonio (1963) di Brunello Rondi (realizzato tra Matera, Montescaglioso e Miglionico, poi  Orso d’Oro al International Film Festival di Berlino 1963, ndr), più della Lupa (1953) di Alberto Lattuada e, non appaia una stranezza,  del Vangelo Secondo Matteo (1964) di Pier Paolo Pasolini. Intendiamoci, sono due opere degne e rilevanti, ma Il Demonio è davvero un meraviglioso film lucano in bianco e nero e da proiettare ancora oggi ai giovani, non soltanto agli amanti del genere. Peccato che il regista sia deceduto prematuramente.

Credo che William Friedkin, autore de L’esorcista (1973), sapesse del film di Rondi e che lo abbia poi citato nella scena della camminata a ragno. La sua idea?

La stessa, perché il riferimento è evidente. Quello americano è un film con notevoli mezzi, ma il gioiello italiano resta di valore e riflette assai bene la sintesi antropologica ed estetica del documentarismo dell’epoca, non a caso vi collaborò anche Ernesto De Martino come consulente. Traspare un’atmosfera che pare prescindere dal tempo della narrazione.

Lo abbiamo proposto l’anno scorso alla Università della terza età di Colobraro e il successo è stato clamoroso.

(sorride) Mi sembra il posto ideale. Quando De Martino volle andare a quel paese, ebbe una giornata davvero inverosimile, più che sfortunata, tanto che la riporterà nelle sue memorie: alla partenza ci furono dei ritardi, durante il tragitto sii bucarono non una ma due ruote, un collaboratore delle riprese si ruppe una gamba e quando finalmente arrivò la gente faceva la veglia funebre alla persona da intervistare. Ma il luogo della magia per eccellenza nella regione era e resta Albano di Lucania.

Un film che è rimasto nel cassetto?

Il film che ho scritto da anni, con una sceneggiatura voluminosa, sul mio amatissimo musicista del seicento, il madrigalista Carlo Gesualdo da Venosa, al quale avevo dedicato già qualcosa in passato. È un personaggio inquietante e misterioso, tutt’altro che disvelato nella sua interezza, anche a distanza di secoli.

Noto una grande coerenza tra la sua attività cinematografica e l’adesione a certe tematiche antropologico-sociali.

Oh si, molto vero. Ma Shining (1980) di Stanley Kubrick è un autentico capolavoro, molto di più di un film horror. C’è tantissimo altro dentro che mi affascina e stimola. Lo avrò visto decine di volte. Siamo a un livello sublime, come quasi tutta l’opera di un genio del cinema.

In questo periodo a cosa si dedica maggiormente.

Cerco di ordinare la carte e l’archivio, di recuperare eventi e persone che ho incrociato nel corso degli anni. E non mancano le sorprese, a volte scopro cose che avevo trascurato per future rivisitazioni. Trovo spezzoni di grande interesse, come le immagini del 1° Festival del documentario lucano, con materiale girato e non ancora montato.

Un sogno che vorrebbe si realizzasse?

Sono molto legato alla regione, mio padre era di Pescopagano. Vorrei che si istituisse un centro professionale per il restauro del film, sarebbe il secondo in Italia, a Oppido Lucano, con la Cineteca di Gaetano Martino, granduomo visionario che ha deciso di conservare una parte imponente della storia del cinema.

Salvatore Verde

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