DA UN OMICIDIO A TURSI IL NOME DEL LUOGO “CERCAPANE”, IN UN ATTO NOTARILE DEL 1666 E NEL DOCUMENTO DEL 1744

Storia di Tursi

TURSI – Capita non di rado, e in ogni dove, che anche una sola morte tragica eternizzi talvolta la memoria sia della vittima che del luogo ben delimitato dell’accaduto, proprio con la sovrapposizione del nome. Quasi una sorta di (in)volontario rilievo o monito sociale postumo, che la comunità riconosce, indica/addita e istituzionalizza (ma qualcuno deve pure avere iniziato tale processo di nominazione, almeno intuitivamente). In tali casi non si deve ricorrere a faticosi e complessi studi intrecciati di linguistica, storia e geografia, poiché sembra essere chiaro il presupposto dell’onomastica/antroponimia/antroponomastica (relativo ai nomi propri) e anche della toponomastica/toponimia (ai luoghi). Non che questa monumentalizzazione dell’appellativo assuma i caratteri dell’umana eternità, tant’è che poi (lo stesso fatto) può essere soppiantato da altri nomi, oppure, più spesso, scomparire del tutto con il passare degli anni, fino a perdersi nel silenzio del tempo. Emblematico in tal senso, la vicenda di Cercapane, nell’antico feudo di Anglona, praticamente nel territorio di Tursi da sempre, nel tratto Pantoni di Sole – Bivio Marone, nei pressi della sponda destra del fiume Agri. La citazione è presente in un atto notarile del 1666, riportata alla fine del secolo XVII e ribadita ancora in un documento del 1744, dapprima come masseria e poi addirittura per indicare una contrada. Resta da chiarire l’origine del (sopran)nome, Cercapane. In generale, forse “derivato dal nome di uno dei genitori, dal luogo di origine o da un appellativo (corrispondente quindi, nell’uso antico, al cognome dell’uso moderno)” (Dizionario Treccani), di certo scaturito comunque dalla fantasia popolare, per distinguere, caratterizzare una provenienza, un aspetto fisico, una condizione, un tratto particolare, e altro ancora, pur sempre oggetto di studi.  

Lo spunto ce lo offre un manoscritto integrale, che mi è stato donato in fotocopia anni addietro, dal titolo Fedel memoria degli Uomini Illustri, Parenti, Stabili, Urbani e Rurali, Jus, Doti, Ragioni, Servitù, Prelazioni, Cappellanie, Benefici e sue Rendite, Notizie antiche appartenenti alla gentilizia famiglia BRANCALASSO, che ora si rappresenta dalli fratelli, Dottor Don Tommaso, Dottori Canonici della Cattedrale: Don Filippo, Abate Don Carlo e Don Nicolò Brancalasso, registrata nel 1744, mirabilmente trascritto/tradotto dalla studiosa della famiglia Ambra Piccirillo, erede con il coniuge Ciriaco Sciarrillo Brancalassi dell’antica, potente e nobile casata. Scritto dal primo gennaio 1741 e registrato nel 1744, il testo risulta essere aggiornato nell’estensione temporale (dal 1443) fino al 1797, dagli autori sopravvissuti, che provvidero a dotarlo anche di un prezioso indice alfabetico per agevolarne la consultazione e lettura.  Un documento di eccezionale importanza per meglio capire gli accadimenti tursitani, certamente di parte, ma veritiero, contestualizzandolo, fino a prova contraria, considerando sia lo status degli autori (un noto avvocato e tre canonici della Cattedrale, uno dei quali abate) sia la finalità pubblica del loro lavoro, talvolta di eccezionale crudezza anche verso i predecessori e gli antenati.  

Il fatto e il documento emergono nel descrivere la vita di Don Camillo Brancalasso. Che fu prima vedovo di Elianora Leonardis (morta nel 1665, figlia di Don Tiberio Leonardis e Solenna Fiorenza), la quale gli aveva dato due figli maschi, Filippo Brancalasso (che morì a 20 anni) e il primogenito Francesco Antonio Brancalasso (che visse fino al 1729), il quale sposò Giustiniana Margiotta (figlia di Sebastiano Margiotta), poi genitori di Elianora Brancalasso, unica erede e figlia maritata col Dottor Marcello Ginnari di Maradea (Maratea). In seconde nozze, Camillo sposò la Signora Popa Bitonte (figlia di Don Pomponio Bitonte e di Fulvia Planca, primaria famiglia di Oriolo), prima e principale famiglia della provincia, per ricchezza, onori e antichità; da loro nacquero i Dottori Pomponio Brancalassi e Gio: Andrea Brancalassi (proprio da questo secondo matrimonio di Don Camillo discende la famiglia degli autori del manoscritto). Nel contratto di matrimonio, cioè nei capitoli matrimoniali (“ciòe per maggior chiarezza si trascrive l’istromento de recepto delli doti assignati nelli primi capitoli fatti nella Nocara nel Convento dell’ Irrapice alli 7 di luglio nell’anno 1666 per mano del Notaio Benigno Salerno della Terra d’Oriolo, come si conserva nell’archivio della Famiglia; e tutte le scritture dotali), è anche scritto testualmente:  … Una massaria nel territorio d’Anglona con li casaleni più case dirute nel Vallone di Cercapane, confinante con Antonello Margiotta sotto, e sopra e la via pubblica di tom. 40”.

Tra i numerosi terreni, possedimenti e proprietà della famiglia Brancalasso, era schedata, perciò, la Massaria di Basso, anche detta di Fiorenza, sita nel Feudo d’Anglona. Tale masseria è così descritta: <<La massaria era divisa in più membra, e compresa in più comprensorii de’ quali con chiarezza se ne darà memoria, qual massaria pervenne per dote della Signora Ippolita Bitonte, parte della quale apparisce dai Capitoli matrimoniali di essa, e parte sono d’acquisto fatto dalla famiglia rappresentante: in detti Capitoli matrimoniali vi furono assignati li seguenti territorii del tenor seguente: una massaria nel Feudo d’Anglona colli casaleni, più case dirute nel vallone di Cercapane confinate col Signor Antonello Margiotta sotto, e sopra, e la via publica di tom. quaranta…>>

Nel 1744, dunque, il testo aggiunge, con il chiaro intento di ricordarlo, come quella masseria abbia assunto tale nome, nella contrada di Cercapane: <<Cercapane (o Marrapane) era un huomo a suoi tempi forte, e gagliardo, e animoso hebbe alcune parole coll’Arcidiacono Fiorenza, e lo ammazzò avanti S. Sebastiano, commesso l’omicidio così indegno, ed orrendo se ne fugì in Foggia, e postosi nel servizio di un Signore di colà si portò molto bene in una massaria e quasi ne era il Padrone, ma perchè tal Signore era inimicissimo di un’altro, che sempre con assassini lo avea minacciato; in un giorno Cercapane prieghando il Padrone che andasse nella massaria per farli vedere le sue fatighe, ricusò per il pericolo, e minacce dell’Inimico; finalmente imperorato da Cercapane, che si accomodò più schioppi avanti il galesse, subbito l’assassini si fecero in strada, ma Cercapane l’ammazzò da tre dell’inimici, e salvi se ne ritornarono in Foggia; doppo molto tempo di servizio licenziatosi con gran quantità di denaro, sen venne in Tursi, e fuggiasco stava mangiando nel vallone di Cercapane, li fiutato dalli Signori Fiorenza lo ammazzarono nel vallone, e per la morte del detto si chiama fin’ora Cercapane, per certa tradizione, la sorella dell’Arcidiacono ammazzato, avuta la testa di detto Cercapane se ne scherzò, e giocò, e per tale sevizia pagò ducati 500 alla corte.>>

Nello stesso manoscritto, l’altra citazione avviene nella trattazione del problema dei cinghiali, considerato evidentemente (anche) allora un fenomeno straripante, tanto da meritare più volte l’annotazione. Siamo almeno alla fine del XVII sec., la descrizione della presenza dei cinghiali è riferita alle diverse località tra Tursi, Anglona, Policoro, ovvero, con precisione nella “Masseria di Basso, detta anche Masseria Fiorenza, sita nel Feudo di Anglona, colli casaleni, più case dirute nel vallone di Cercapane (Tursitani.it, 21 febbraio 2020), nel petto di Pollicoro, nella contrada e fontana del Piano di Mezo, a Panevino, nella Massaria di Basso, detta Panarace”. Da notare che, anche in questo caso, Cercapane non è riferito alla sola masseria e al “vallone Cercapane”, ma è esteso anche alla contrada “con più case dirute”.

Perfettamente inutile affannarsi oggi a ricercare il sito Cercapane, nulla è sopravvissuto, nemmeno nella vulgata popolare.

Salvatore Verde ©


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