L’opuscolo della nuova campagna per il Fertility Day ha scatenato polemiche che hanno investito il Ministro della salute Beatrice Lorenzin e lo stesso Governo. Dopo la prima versione delle cartoline promozionali pensate per la giornata nazionale dedicata all’informazione sulla fertilità, la nuova strategia di comunicazione era centrata su prevenzione e stili di vita sani. Ma nell’immagine sono contrapposte buone e cattive abitudini: le prime sono rappresentate da ragazzi biondi e sorridenti, le seconde da giovani di colore e scapigliati. E così le polemiche si sono riaccese (s.v.)
Il problema non è una foto o uno slogan, non è il modo: il problema è lo scopo di questa campagna che mi sa tanto di tipi in giacca e cravatta magari vuoti dentro. Ancora una volta si bada alle apparenze, far credere di avere dei principi, ma è solo una “sporca” faccenda politica. E non c’è un “modo” giusto di trasmettere il loro messaggio perché, alla base, il Gov non ha forse alcun messaggio reale.
Un Gov che ci tiene alla famiglia come valore sacrosanto da coltivare e proteggere non fa “campagne pubblicitarie” per dirlo, fa fatti. E i fatti sono nel garantire, alle donne e a tutti coloro che desiderano avere dei figli, la “possibilità” di scegliere di averne o meno. Il mondo è cambiato, le strutture sociali sono cambiate, oserei dire regredite in alcuni ambiti. Le aziende ti chiedono se vuoi avere dei figli per non assumerti, gli autonomi hanno il terrore di farlo perché non hanno garanzie. La struttura attuale, di profonda crisi lavorativa, è pervasa di capi/datori di lavoro che se ne fregano della loro famiglia figuriamoci di quella dei loro dipendenti/collaboratori! Ed è su questa struttura che il Gov deve lavorare, è su questo che il Min deve “giocare”, non sulla nostra integrità e moralità ma sulla loro.
Attualmente si trova facilmente e a buon mercato qualcuno da prendere in alternativa ad una “futura mamma” plurilaureata perché sappiamo tutti che la non discriminazione è un diritto difficile da far valere, a meno che non sei figlia di papà (e se sei figlia di papà potrebbero pensarci due volte dal discriminarti). E non parlate di meritocrazia perché in periodo di crisi c’è solo una cosa che detta regole: il prezzo più basso. Anche negli autonomi, il “committente” che ti paga le collaborazioni farà presto a sostituire la futura mamma (e non si parla di sostituzione temporanea). Per cui, cosa pretende il Gov? Di far fare figli a donne “lavoratrici” o aspiranti tali senza avere la sicurezza di poter vivere serenamente?
La struttura sociale attuale vede donne impegnate, che vogliono un’autonomia economica, volenterose di crescere culturalmente e che, soprattutto, vogliono sentirsi libere. Oggi una donna non può e non deve scegliere tra tutto o niente, tra famiglia o lavoro, e molti Paesi l’hanno capito e stanno crescendo con il loro popolo. Inoltre, a causa della stessa crisi, probabilmente una donna non potrebbe neanche scegliere solo la famiglia senza avere un lavoro (anche gli uomini sono sottopagati e a volte disoccupati!).
Per tutto questo, Gov e Min inizino a dare dei limiti alla discriminazione perpetrata dai datori di lavoro, comincino a dare delle garanzie ai futuri genitori, incominciate a sostenere i datori di lavoro per assumere dei futuri genitori, e iniziamo noi a non discriminare chi dei figli non li vuole per scelta.
Un Governo ci deve governare, non certo ingannarci. Governare significa fare leggi per il bene comune, non solo propaganda e pubblicità. E se proprio si vuoi farle, almeno avvenga attraverso idee e materiale nuovi, comunque non (anche ideologicamente) riciclati: se ne avvantaggerebbe il messaggio, che così risulterebbe meno falso, a prescindere dalla condivisione o meno dei contenuti.
Verdiana Carmen Verde
Commercialista e giornalista