IL CASTELLO DEI MORRA DI VALSINNI E GLI ANNIVERSARI*

Scritti corsari
Un interno del castello Morra

Tra le dimore storiche della Basilicata vi è il castello di Valsinni, conosciuto come castello Morra, L’anno appena trascorso ha segnato i 500 anni della nascita della famosa quanto infelice poetessa petrarchesca Isabella Morra (Favale 1520 presumibile – Favale 1545/1546), che nel maniero nacque è dimorò. Ricorrenza di rilievo. Il 2021 è un anno altrettanto importante perché ricorrono i 100 anni dall’acquisto del castello da parte degli attuali proprietari e, non ultimo avvenimento, i 40 anni dall’avvio delle attività culturali nella rocca.

Ripercorriamo un poco di storia. Il castello fu costruito dai Normanni, dal nobile Guglielmo di Favale (Favale è l’antico nome di Valsinni) nel 1093. Una pergamena originale parla di questa edificazione. Fu costruito su una preesistente fortificazione Longobarda. In epoca medievale, il Feudo era di proprietà dei principi Sanseverino. Ferrante e Antonello Sanseverino concessero il loro Feudo a Pantaleone di Vivacqua di Oriolo. La nipote di questi andò in sposa a Bartolomeo Morra. I Morra, infatti, partendo dall’Irpinia si espandevano territorialmente attraverso i matrimoni che contraevano. Il castello passò al figlio Antonio, primogenito di Bartolomeo. Da Antonio, al figlio Gian Michele, primogenito di undici figli. Gian Michele sposò la nobildonna Aloisia Brancaccio, chiamata comunemente Luisa. Gian Michele e Luisa, oltre a Isabella Morra, terzogenita, ebbero altri figli: Marcantonio, Scipione, Decio, Fabio, Porzia e Camillo. La baronia di Gian Michele durò poco, solo sette anni. Divenuto barone del Feudo nel 1522 alla morte del padre, restò fino al 1529, anno della sua definitiva uscita dal Regno di Napoli. S’inimicò il potente principe di Salerno e in seguito alla guerra tra Francia e Spagna. I Morra abitarono nel castello fino agli inizi del 1600. L’ultimo a restare fu Marcantonio con i figli ed i nipoti. Al nipote Fabio Morra passarono le proprietà del castello, il quale non avendo figli, non lasciò eredi, il Feudo con il castello annesso fu mandato all’asta dall’Autorità Aragonese ed acquistato dai duchi di Lauria, i Calà Ulloa.

Nel 1647 così venne descritto il castello da Natale Longo, tavolario (un tecnico dell’epoca, colui che nel Regno di Napoli aveva l’incarico di redigere le mappe del territorio. Si può ritenere l’equivalente dell’odierno catasto):

<<… il clerico d’essa sta soggetto al vescovo d’Anglona et Tursi et la somità d’essa terra et per il castello baronale consiste in uno intrato a lamia con il ponte a calatora, dal detto ponte si passa e si entra in uno cortiglio scoverto, in piano del detto cortiglio, vi è una stalla commoda et una altra stanza per conservare la paglia, dallo detto cortiglio se ritrovano una poco de grade, da esse s’ascendono à tre stanzie et uno furno, dette servono al presente per despenze, et dallo piano dello detto cortiglio s’entra ad una sala et quattro cammere divise tutte in piano et altre stanzie derotte coverte, et dal detto cortiglio vi sta unantra grada de fabrica, da esso s’ascende a due altre stanzie coverte a tetto et sopra le predette inferiore quale abitatione così derutte et molte antiche tienono bisogno de molte reparatione et accomodatione necessarie, in detta Terra risiede il capitano il quale regie giustizia per le prime cause civile tantum atteso l’appellatione d’esse con la iuriditione criminale aspetta a beneficio del signor Astorgio Agnese et il barone della detta Terra si posede l’infrascritti corpi feudali li quali da me si portano per quattro annate continue e più prossime in questo presente tempo… (Fascio 62/6 della Regia Camera della Sommaria, in Archivio di Stato Napoli).>>

Nel 1773, circa, fu fatto demolire da un dipendente degli Ulloa, Felice Labanca e i materiali vennero utilizzati per le case private. In particolare travi d’epoca. Dagli Ulloa, il castello passò poi ad un avvocato, Ferdinando Filardi, di Luria, pare fosse dedito al gioco e per questo motivo, a un certo punto, il consiglio di famiglia vendette la proprietà ai fratelli Michele e Saverio De Luca di Sanseverino Lucano, i quali non interessati al castello decisero di venderlo. Nel 1921 l’acquistò il nonno dell’attuale proprietario, l’avvocato Vincenzo Rinaldi che abitava nei pressi, anche perché affascinato dalla storia della giovane Isabella, riscoperta da due medici del paese, Melidoro e Guarino. Il castello, infatti, è noto per le vicende legate alla poetessa Morra, la cui triste storia ebbe epilogo con il triplice omicidio da parte dei fratelli di lei (è questa l’ipotesi storica più accreditata). Isabella, fu assassinata insieme al suo pedagogo accusato per il suo ruolo di intermediario per lo scambio di lettere tra la fanciulla e il suo presunto amante, lo spagnolo Diego Sandoval De Castro, poeta e barone di Bollita (antico nome di Nova Siri). In realtà non si è mai saputo con certezza se i due fossero davvero amanti oppure se si trattava soltanto di uno scambio letterario, di una corrispondenza epistolare. Isabella si sentiva sola nel suo castello di Favale, quindi aveva bisogno di comunicare con chi praticava la sua stesa arte. I fratelli la tenevano prigioniera nel castello durante l’assenza del padre, non approvavano l’interesse della sorella per l’arte letteraria, in più si sentirono offesi per la frequentazione della giovane Isabella con un uomo sposato e per giunta nemico dei francesi. Il padre Gian Michele, dal quale Isabella si sentiva molto compresa e protetta, si trovava in Francia, in quel periodo per combattere contro gli Spagnoli. Isabella attese invano, fino alla sua morte, il ritorno del padre, l’unico che la favoriva nella sua passione per le Lettere, essendo anch’egli un fine appassionato.

Precisamente, il 20 luglio del 1921 fu stipulato l’atto di vendita tra i De Luca e Rinaldi, il castello rimase allo stato residuale. Proprio qualche giorno prima della stipula dell’atto, il Ministero dell’Istruzione lo vincolò come “Bene d’interesse storico”. Si dovette attendere fino al papà dell’attuale proprietario per vedere presa in mano la situazione di quel rudere, per un intervento di ristrutturazione al fine di poterlo utilizzare. Il papà dell’avvocato Vincenzo Rinaldi, Gioacchino, di ritorno dalla Spagna (che fu patria di Diego Sandoval De Castro, presunto amante della Isabella), dove era stato mandato per aver presentato domanda di andare oltre mare, rese abitabile il castello nel 1945. Dunque, si sposò e ci andò a vivere. Dopo la sua morte improvvisa, i lavori furono sospesi e ripresi dal figlio Vincenzo nel 1976, per un restauro conservativo. Nel 1981, l’avvocato Vincenzo Rinaldi, diede vita alle attività culturali perché in quegli anni scattò un grande interesse per la storia di Isabella Morra. Fu inaugurata una mostra di pittura dal titolo: “Pittrici nel castello di Isabella Morra”. Negli anni successivi, la struttura è stata aperta ad un flusso turistico costante, fino ad arrivare a 7.000 visitatori circa ogni anno, inoltre, il proprietario ha reso disponibile e visitabile anche la parte sottostante del castello. Un’apprezzabile accortezza e sensibilità, per preservare la preziosa testimonianza storica, come documento-monumento da tramandare e per alimentare vicende e luoghi fruibili, importanti ben oltre lo scenario locale.

*Edvige Cuccarese

*Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Edvige Cuccarese

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