Avere un calciatore tursitano di serie A, che ha giocato nella Roma, proprio quando la squadra della capitale, nel 1941-42, vinse il suo primo scudetto della storia, ed essere di fatto ignorato nel paese natio e anche tra gli specialisti, appare ed è davvero incredibile. Fuor di metafora, dunque, è una sicura scoperta clamorosa, quasi il regalo di un destino fin qui avaro di certezze riferite ai protagonisti della storia locale, sia pure della nostra era contemporanea. Tanto più nell’epoca delle comunicazioni di nassa, di internet e dei social network, attraverso i quali di fatto si è in grado di sapere quasi tutto di quasi tutti al mondo.
La strana sorte è toccata a Luigi Nicola Nobile, figlio di Francesco e di Nicoletta Carmela De Pietro. Nato a Tursi, il 24 febbraio 1921, appena dopo l’una di notte, è deceduto alle sette del mattino di mercoledì 18 febbraio 2009, a Saint-Vincent, in Valle d’Aosta. Appresa la notizia, la Roma aveva chiesto alla Federazione di poter giocare la partita del successivo sabato 21, contro il Siena, con il lutto al braccio. La società giallorossa, infatti, lo ricorda sempre con il rispetto che merita.
Difensore, alto 175 cm, cresciuto calcisticamente in provincia di Asti, si forma tecnicamente nella squadra di calcio della Roma, iniziando dal settore giovanile fino ad arrivare in prima squadra nella stagione 1939-40, pur senza essere ancora utilizzato. Debutta nel massimo campionato italiano (allora a sedici squadre) nel 1940-41, esattamente il 22 dicembre 1940, nel confronto esterno Napoli-Roma 2-1. L’Italia è ormai in guerra e anche il calcio è uno strumento di propaganda del regime.
Totalizza complessivamente tre presenze, sempre come terzino sinistro, ruolo nel quale si mette in evidenza per l’efficacia a guardia della propria area e come interdittore, diremmo oggi, del gioco d’attacco avversario. I critici dell’epoca sono abbastanza concordi nell’evidenziare una certa mancanza di acuti nell’impostare la manovra: “una meteora nella storia romanista”; “un onesto rincalzo, da poter utilizzare senza troppi scompensi in caso di defezione dei titolari”; “sfortunato ad avere come titolari due terzini molto forti come Andreoli e Brunella, vere e proprie colonne difensive che riducono al lumicino le sue possibilità di impiego”. Insomma, non impressiona come un fenomeno, ma gli si riconoscono tecnica, regolarità, carattere coriaceo, sicurezza.
La stagione successiva gioca una sola partita, quella decisiva in casa con il Torino, allo stadio “Nazionale” fascista voluto da Benito Mussolini (poi stadio “Torino” e quindi “Flaminio”), mentre la sede della società era in Via del Quirinale, 21. Il corpulento allenatore ungherese Alfréd Schaffer (Budapest, 13 febbraio 1893 – Prien am Chiemsee, 30 agosto 1945), sulla panchina della Roma, lo chiama e Nobile non delude il portiere capitano Guido Masetti (Verona, 22 novembre 1907 – Roma, 27 novembre 1993) e neppure il presidente Edgardo Bazzini (Parma 1867-1969).
Il terzino offre una prova convincente ed entra così nella storia del calcio italiano. L’incontro termina in pareggio senza reti (il ritorno finirà 2 – 2). Era una gara di fondamentale importanza per le sorti del campionato, già delineandosi favorevole ai romanisti, che al termine del campionato (14 giugno 1942) conquistano il primo scudetto con 42 punti. La conseguente sospensione dei campionati di calcio per i terribili eventi bellici lo induce, come capiterà a tanti altri calciatori, a ritirarsi dall’attività agonistica, nel 1943. Al contempo termina gli studi universitari, laureandosi in Medicina e Chirurgia. Si trasferisce nell’estremo nord occidentale della penisola, dove rimarrà per tutta la vita con la sua famiglia, sempre lontano dai riflettori ma vicinissimo ai suoi pazienti.
L’ingresso nella toponomastica di Tursi avrebbe il sapore di un giusto risarcimento onorifico, verso colui che a tutt’oggi resta il massimo calciatore tursitano di sempre e ci riconcilierebbe con il valore della memoria, condivisa da tutti gli sportivi locali e dagli amanti del calcio, non soltanto dai tifosi della Roma e, comunque, dall’intera cittadinanza, ne siamo certi.
Salvatore Verde
Solo due le squadre di calcio della Basilicata che hanno raggiunto il livello professionistico in serie B: il Potenza, dal 1963 al 1968 (cinque stagioni), e il Matera, nel 1979-80. Di livello superiore alcune individualità di calciatori lucani, tutti arrivati nella serie A: l’attaccante Franco Selvaggi, campione del mondo con la nazionale azzurra nel 1982 in Spagna; il portiere Francesco Mancini e il difensore Francesco Colonnese, cresciuti rispettivamente nel Matera e nel Potenza, poi entrambi in diverse squadre della massima serie; Stefano Casale (con il Lecce), Andrea Esposito (Napoli). Di recente, sono (stati) in attività nella massimo campionato italiano: Rocco Sabato (Cagliari e Catania), Gianvito Plasmati (Catania e Atalanta, e in Inghilterra), Antonio Giosa (Reggina) e Simone Zaza (Atalanta, Sampdoria e Sassuolo, anch’egli in Nazionale). Notevole e famosa anche la carriera di Luigi De Canio, già calciatore del Matera, quindi allenatore, anche all’estero. (s.v.)