Un recupero attento ai valori culturali e al futuro dei giovani

Cultura Storia di Tursi
Arch. Francesco Silvio Di Gregorio
Arch. Francesco Silvio Di Gregorio

Un recupero attento ai valori culturali e al futuro dei giovani
di Francesco Silvio Di Gregorio, architetto

La mia insistenza nel tempo sul recupero e la conservazione dei nostri centri storici nasce sempre dalla consapevolezza di una rilevante diffusione del fenomeno, ma soprattutto dalla parallela esiguità di studi sistematici fatti sull’argomento, che fanno sorgere seri interrogativi sul loro futuro, tanto più urgenti se il loro costruito è in serio pericolo principalmente a causa di carenze legislative, di piani urbanistici corrispondenti, di esigenze finanziare che hanno determinato scelte infelici.

Certo, sono stati fatti studi monografici su alcuni siti (ad esempio la Rabatana di Tursi), mai è stata fatta, però, un’indagine approfondita territoriale e a più ampio respiro, che analizzasse le variegate forme cui si presenta il fenomeno del recupero, conservazione e valorizzazione del tessuto storico, che mettesse in luce innanzitutto valutazioni complesse prima di operare materialmente sul costruito e sull’area oggetto di intervento. Un piccolo centro vive non solo attraverso il modo di relazionarsi ma anche attraverso la città di pietra, le testimonianze, i monumenti, attraverso il modo di essere delle strade, dei vicoli, delle piazzette, attraverso il configurarsi del rapporto tra gli uomini e la natura.

Il tema è articolato, in quanto richiede approfondimenti di carattere sociologico, economico e legislativo e solo il possessore di conoscenze e formazioni conservative può analizzare, in coscienza, problematiche che richiedono il coordinamento di più discipline che possono essere in grado di individuare i valori e i significati del costruito e, di conseguenza, promuoverne le ragioni e le modalità di recupero e sviluppo.

Riconoscere le tracce di una profonda cultura, anche vernacolare, riconoscibile soprattutto nella definizione e descrizione dei luoghi, nell’orografia, nelle stratificazioni geologiche, nei singoli edifici realizzati anche con tecniche semplici e povertà di materiali, è fondamentale per una profonda conoscenza del luogo che si intende restaurare e valorizzare. Solo sulla base di valutazioni teoriche, ben articolate, si può procedere a selezionare e studiare la rivitalizzazione di un centro storico.

Gli aspetti geografici, antropologici, sociologici, filosofici, economici, urbanistici, geologici ed ambientali sono complementari a quelli architettonici e restaurativi. Risulta, quindi, fondamentale e preliminare un’analisi interdisciplinare nella conduzione di un cammino verso un futuro indirizzato al raggiungimento di un effettivo ed efficace recupero socio-culturale dei centri storici, da attuare con gli strumenti del restauro conservativo in pieno rispetto della “memoria storica” del sito.

Il centro storico di Tursi, ad esempio, mette in luce la presenza di tanti piccoli, medi e grandi nuclei caratterizzati da una rilevante ricchezza storica, artistica, architettonica, ambientale, urbanistica e culturale che necessita di un’ampia salvaguardia, tenendo soprattutto conto dei legami inscindibili delle varie architetture dei singoli rioni con la natura, con il territorio storicizzato, con i suoi abitanti e con le tradizioni culturali.

Sinora, nella maggior parte dei casi, abbiamo assistito a parziali restauri che hanno causato danni dovuti ad interventi impropri ed irrispettosi del centro, privi di legame col passato, col sito e senza prospettive per il futuro. Gli aspetti multidisciplinari menzionati sono la piattaforma dello sviluppo di un tessuto urbano storico. Non basta l’apertura di una trattoria, di un bel ristorante se alla base non vi è uno studio, un piano economico e urbanistico di sviluppo che sia la norma del coordinamento tra le varie attività che si possono inserire.

Pensiamo ad esempio, all’individuazione di aree con vocazioni artistiche a matrice turistica dove pittori, scultori, musicisti, poeti attori etc. possono realizzare, esporre, vendere le proprie opere (a’ Ravatèn); oppure a aree con vocazioni artigianali (dal vernacolo tursitano, ad esempio un tempo era l’area “di forg”, parte del tessuto urbano destinato un tempo ai fabbri), la semplice passeggiata in un suggestivo luogo di memoria ed in un bel contesto paesaggistico (u piccicarell, u foss da cattdrèje i calanch d’Agnòn).

Un recupero storicizzato del patrimonio che è attento ai valori culturali e ambientali può rappresentare un’ottima alternativa per lo sviluppo turistico ed economico dei nostri centri storici. E’ un percorso lungo da perseguire, ma è il più intelligente per organizzare un’immagine complessiva e giungere ad un risultato eccellente, senza limitarsi ad operazioni di semplice “maquillage” come si continua ancora oggi a confezionare. La ricerca di elementi attrattori per lo sviluppo della cosiddetta “economia informale locale” è necessaria per favorire un incremento demografico e far rientrare i nostri figli emigrati altrove, perché tali fattori sono la precondizione di uno sviluppo credibile e duraturo.

La sola operazione di restauro, come si è proceduto sinora, non porta alla rinascita. E’ preferibile una rispettosa conservazione a rudere del bene che miri a prolungarne il più possibile la vita ed eviti che interventi invasivi, non adeguatamente ponderati, ne determinino una fine irreversibile. Il giovane, per concludere, dovrebbe trovare delle opportunità e delle convenienze di carattere economico e quindi diventare lui stesso imprenditore, usando risorse non ancora sfruttate. Il piccolo centro può funzionare solo se noi abbiamo la capacità di renderlo individualmente diverso ed economicamente più appetibile rispetto ad oggi.

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