PETROCELLI SEGNALA UN CASO AL PRONTO SOCCORSO DI POLICORO, DEL 16 AGOSTO

Cronaca
Antonio Petrocelli

A Pilicore ci ngi va ngi more, si diceva prima della seconda guerra mondiale. Policoro era una frazione di Montalbano Jonico. Una terra paludosa e malsana di proprietà del barone Berlingieri. Chi ci andava per fare qualche giorno di lavoro nel feudo, rischiava veramente di beccarsi la malaria e morirci.

A Policoro, la mattina del 16 agosto, ho accompagnato una persona al Pronto Soccorso dell’Ospedale, con sintomi evidenti di aritmia cardiaca. È stata accettata con un codice verde e ha atteso otto ore che arrivasse un medico a visitarla. Dopo otto ore la persona, esausta, mi ha chiesto di riaccompagnarla a casa. C’erano persone che aspettavano da dodici ore. Altre più fortunate erano state visitate, ma attendevano da ore il foglio di dimissioni. Qualcuno, esasperato dalla lunga attesa, è entrato nell’ambulatorio sbraitando e bestemmiando contro i presenti.

Ho portato la persona ad un altro Pronto Soccorso, dove per fortuna hanno capito la gravità del caso e hanno messo in atto tutte le procedure necessarie per assistere una persona affetta da fibrillazione atriale.

Se a Policoro un medico si fosse degnato di visitarla, le cure sarebbero state molto più efficaci. Aspettare inutilmente, perdere un giorno, non ha migliorato le condizioni generali della persona che ho accompagnato. In questi casi l’intervento immediato può essere determinante ed evita complicanze gravi.

Chi legge può giudicare da sé se ci sono gli estremi per omissione di soccorso. Un Pronto Soccorso dovrebbe fare una cosa soltanto: riuscire a separare le urgenze dalla normale assistenza.

Se a Policoro non riescono neanche a capire l’urgenza di una fibrillazione atriale, a cosa serve il Pronto Soccorso di Policoro?

Antonio Petrocelli

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