RISALE AL 1400 LA PRIMA SICURA NOTIZIA DELLE ARANCE COLTIVATE A TURSI, GRAZIE AL GRANDE VINCENZO VALICENTI E ALLA TESI DI LAUREA DI PROSPERO FERRARA

Storia di Tursi

Il tempo ha segnato il proficuo rapporto di Tursi con le arance. Una relazione antica, stretta e intrigante, sul piano storico, culturale ed economico, sia pure tra alterne fortune, ma sempre con il riconoscimento del suo eccezionale mantenimento e sviluppo agricolo e produttivo.

Dobbiamo la prima scoperta di una inoppugnabile verità documentata del XV secolo, al grande, valoroso e lungimirante Vincenzo Valicenti (all’anagrafe Vincenzo Salvatore Carmelo Valicenti, Rotondella, MT, 28 gennaio 1920 – Matera, 7 ottobre 2007), “un tecnico illuminato al servizio delle istituzioni e dell’agricoltura lucana”, per dirla con il titolo dell’ottimo profilo biografico tracciato dai qualificati studiosi del Dipartimento Agricoltura Sviluppo Rurale Economia Montana Vincenzo Castoro e Filippo Radogna (BASILICATA REGIONE NOTIZIE Rivista del Consiglio regionale della Basilicata, Anno XXXIV – n. 121/122, settembre 2009).

Foto tratta dal saggio di Vincenzo Castoro e Filippo Radogna

L’autorevole citazione è contenuta nella tesi di laurea universitaria, la prima in assoluto dedicata alle arance tursitane, dal titolo La coltivazione degli agrumi nella zona di Tursi, del laureando Prospero Ferrara, relatore lo stimatissimo prof. Giacinto Donno, della Facoltà di Agraria dell’Università degli studi di Bari, discussa nell’anno accademico 1967- 68. In cinque capitoli, per un totale di 122 pagine, oltre a 19 di corredo fotografico e una “Corografia evidenziata dei ‘Giardini’ di Tursi, con curve di livello”, il giovane studente tursitano Prospero Ferrara (Francavilla sul Sinni, PZ, 17 giugno 1941 – Latina, 24 novembre 2017), poi docente di Agronomia nell’Istituto di Latina, apre il suo lavoro con il “Cap. 1Importanza degli agrumi nella zona di Tursi”. L’autore mi aveva fornito generosamente una copia integrale della Tesi (incluse le foto a colori) in data 2 aprile 2008, e ne avevo fatto cenno, a distanza di anni, nell’articolo Gli aranceti di Tursi: proposta di candidatura al Patrimonio Rurale Storico, convegno di studi, giovedì 9 maggio, ore 19, nell’ex cinema di TursiSalvatore Verde, Tursitani.it, 8 maggio 2019).

Ricerca rara, ampia e documentata, tra le numerose informazioni contiene anche l’annotazione di valore storico assoluto, per quanto concerne il riferimento certo e documentato. Ferrara riporta la notizia inedita della prima citazione, relativamente alle arance coltivate nel territorio tursitano, che risalirebbe già al 1400, individuata proprio dallo straordinario dirigente lucano Vincenzo Valicenti, che la pubblicò nel 1964, nel suo saggio dal titolo Aspetti e problemi della coltivazione dell’arancio in provincia di Matera, contenuto nella Rassegna – Bollettino Ufficiale della Camera di Commercio Industria e Agricoltura, Matera, Anno XVII, n. 9-10.

Prospero Ferrara, 1941-2017 (foto gentilmente fornita dalla sorella Maria Teresa Ferrara)

Nel capitolo iniziale della sua tesi, Ferrara scrive chiaramente:

<<La zona agrumaria, la più antica della provincia, è ubicata sulla riva sinistra del fiume Sinni, esposta al pieno sole e protetta da contrafforti collinari; sembra proprio una piccola “Conca d’oro”, mentre tutto intorno è circondata da terreni brulli ed aridi tenuti a pascolo o a cereali. Tutta la zona è denominata “i Giardini” o “Campo”; quest’ultima denominazione pare derivi da “campo di battaglia” dato che, come si tramanda, si pensa che in quel luogo sia avvenuta una battaglia tra Pirro e i Romani. Tutta la zona si suddivide in tre contrade che, a partire da Ovest, verso Est si denominano: “Campo di sopra, Campo di mezzo, Cantarato”, come risulta dalla annessa cartina dell’Istituto Geografico Militare… Nel 1600 Tursi era molto sviluppata… era cioè la città più popolosa dell’intera Lucania. Secondo notizie tramandate nel tempo, i primi a iniziare la coltivazione degli aranci furono gli arabi, però il Dott. VALICENTI (maiuscolo nell’originale, NdA) in un suo lavoro scrive: “La coltivazione dell’arancio in provincia di Matera risale a data anteriore al 1500, come attesta un documento rinvenuto nel Comune di Tursi e nel quale si fa cenno ad un progetto di irrigazione degli agrumi sulla riva sinistra del fiume Sinni…”. Evidentemente già allora vi doveva essere una certa estensione ad agrumeto, se si sentiva il bisogno di costruire delle opere irrigue! Da testimonianze tramandate nel tempo – aggiunge Ferrara – risulta che la varietà allora coltivata era l’Arancia amaro (Citrus Aurantium L.) o Melangolo o Citrangolo come è chiamato in dialetto tursitano e che tuttora viene usato come unico portainnesto, molto adatto all’ambiente pedoclimatico della zona. La popolazione di Tursi è prevalentemente agricola e, al 31/12/62, ammonta a a 6.168 abitanti residenti. Anche qui, e in misura notevole, si è verificato il fenomeno dell’emigrazione caratteristico a tutto il Meridione in questo ultimo decennio. Molti operai infatti si sono stabiliti a Genova ed altri all’estero.>>

La gloriosa Città di Tursi, tra le molte antiche fortune annovera, dunque, anche le apprezzate arance di lello raffinato e riconosciuto. Ovviamente, non vanno sottaciute, tra le maggiori del patrimonio, la Rabatana degli arabi Saraceni (all’incirca dall’850 al 930 d.C.), la Diocesi millenaria di Anglona, almeno dal X secolo d.C. (dal 1545 di Anglona e Tursi, quindi di Tursi Lagonegro, dal 1976), e i natali al grande poeta Albino Pierro (Tursi, 1916 – Roma, 1995), acclarato pluricandidato al Nobel. Evidentemente, un paese lucano ricco di storia, neppure minimamente e lontanamente paragonabile all’epoca della nostra contemporaneità. La tradizione storica, scritta e orale, tramandata fino a oggi, ripropone sostanzialmente questa mirabile sintesi, invidiabile nello scenario regionale.

La questione “arance”, com’è anche normale, si complica appena si intendono approfondire gli aspetti evolutivi e colturali, discutibili e tutt’altro che pacifici e consolidati, pure essendo l’agrume più diffuso al mondo, secondo alcuni proveniente dalla Cina, introdotto in Spagna e Portogallo ai primi del XV secolo, ma coltivato con la variante “arancia amaro” in Arabia già dalla fine del IX secolo, poi diffuso in Sicilia.

Le arance furono importate dagli arabi, è stato sempre sottolineato dalla oralità locale tramandata e da alterne pubblicazioni datate. Quando? Di certo nell’arco di tempo coevo con la permanenza araba in loco, che solo erroneamente può essere limitato alla loro consolidata presenza, in realtà protrattasi, si pensa pacificamente e a fini commerciali, anche nei secoli successivi, almeno fino al XVI secolo. Di certo Tursi è sempre stato l’unico sito della Lucania, individuato per la produzione, grazie alla vocazione geografica e climatica del suo terreno. L’insediamento primigenio fu allocato nel territorio della Rabatana (questo toponimo comparirà con chiarezza indicativa nel XV secolo), dapprima nelle vicinanze del castello e poi soprattutto lungo il Canale, la zona che porta al fiume Agri. Nell’Alto Medioevo, soppiantando di fatto la precedente allocazione, quasi d’improvviso la coltivazione del “biondo comune” (arancia dolce, Melarancio o Portogallo) già piuttosto settorializzata, ma non si può escludere l’arancia amara, il Cetrangolo o Melangolo, si sposta nella piana del Sinni e nel tratto extraurbano dell’affluente Masone, denominato allora fiume piccolo. A livello scientifico e accademico è piuttosto acclarato il riconoscimento del frutto individuato nell’arancia, anche se taluni discutono sulla importazione di non meglio specificati agrumi, non necessariamente arance, forse il limone, specie il bergamotto o la limetta, in questa parte della regione. A loro dire, l’innesto colturale sarebbe avvenuto successivamente agli anni della scoperta delle Americhe e alla circumnavigazione del globo, ad opera dei portoghesi, dei quali, tuttavia, qui non esiste traccia del loro passaggio. Ma tali sostenitori, più scettici sulla origine degli importatori e sulla tipologia della specie agrumicola, fanno derivare la loro conclusione basandosi unicamente sul nome dialettale qui utilizzato: “partajalle”, da “portugal”. Si può obiettare a ragione almeno per due motivi: innanzitutto, contrariamente alle aspettative, in Portogallo l’arancia è indicata con “laranja” e non con portugal; il termine dialettale, peraltro utilizzato similmente a Napoli, nel romanesco e in diverse altre parti d’Italia e d’Europa, era noto dai tempi antichissimi, in Grecia era “Portokàli”, ma in latino era “Orange” e in arabo “Alburtuqaliu”.

Una produzione agrumicola importante, nota, diffusa e mantenuta nel corso dei secoli con grande impegno e capacità, a volte mimetizzandola o addirittura nascondendola nella realtà locale. Dall’arrivo della coltura all’epopea delle crociate, il sito dominante se non unico era il territorio rabatanese, e di tale periodo non si hanno notizie, neppure minime. La situazione cambia, dopo un oblio di riferimenti, con l’affermazione e il dominio spagnolo nel regno di Napoli e la nuova assegnazione del territorio lucano ai Doria, la grande famiglia genovese, con il Principato di Melfi e il Ducato di Tursi, fin dagli inizi del XVI secolo. Proprio prima del consolidamento di tali potentati compaiono il già ricordato toponimo della Rabatana e quello delle arance. E quest’ultima novità rappresenta un fatto semi sconosciuto che siamo stati in grado di ribadire, soltanto grazie alla tesi di laurea del giovane ricercatore Prospero Ferrara e alla scoperta del sempre encomiabile Vincenzo Valicenti. Indimenticabili, come la storia che hanno scritto.

Salvatore Verde © 

Lascia un commento