STORIA DEL CONSERVATORIO DELLE DONZELLE NOBILI DI TURSI, CONVENTO DI CLAUSURA (1666-1866)

Storia di Tursi
Q Conservatorio, dal libro di Antonio Nigro (1851), Memoria topografica istorica sulla Città di Tursi e sull’antica Pandosia di Eraclea oggi Anglona

TURSI – Capita talvolta di conoscere esattamente la genesi di un’opera o di una istituzione, piccola o grande che sia, ma succede pure che le complicazioni siano invece relative ad alcuni accadimenti successivi. È il caso del convento femminile di Tursi, sorto nel 1666 “sotto il titolo di san Domenico”, meglio noto come “Conservatorio delle donzelle nobili”, anche se spesso è scritto  e riportato ufficialmente “Conservatorio delle donzelle nubili”, e talvolta anche “Conservatorio delle nubili/nobili donzelle”. Soprattutto non è chiara neppure la effettività della tipologia della “regola” del convento, se aperta o di clausura oppure se variata progressivamente. Non un’opera di assistenza, sostegno o beneficienza per fanciulle orfane o abbandonate, non per adolescenti povere o ragazze sedotte, e neanche per ragazze madri oppure zitelle o precocemente vedove, e neppure per redimere le giovani segnate della perdizione, magari perché figlie di cortigiane o di donne di malcostume. Assolutamente niente di tutto ciò. Il Conservatorio tursitano fuoriesce da tali schemi caritatevoli e rappresenta un unicum assoluto, per la sua esclusività a ricercare, accogliere e favorire la vocazione soltanto in un determinato ceto sociale. E questo fu un modello innovativo, mai più replicato nella storia della Città della Diocesi,  rispetto  a quelli maschili imperanti a Tursi (allora non tutti proprio esemplari per virtù, raccontavano alcuni), ai quali di fatto e comunque si ispirò.

Il Conservatorio fu una scuola conventuale con disciplina austera e  rigorosa, protesa al silenzio e alla preghiera, alla contemplazione e all’arte dell’ascolto della propria interiorità, alla meditazione e allo studio dei sacri testi. Il convento si indirizzava soltanto alle signorine di buona, anzi di ottima famiglia, di rango elevato e comunque di condizione agiata, in grado di offrire rendite eccellenti e vitalizi in moneta e in beni mobili e immobili (case e terreni). Era, dunque, una comunità religiosa ben dotata, anche perché, e non a caso, non si hanno molte notizie di semplici pii benefattori esterni, oltre alle famiglie interessate. Tuttavia, agli inizi del 1700, non un avversario ateo o anonimo peccatore ma l’insospettabile e prodigo vescovo del tempo, mons. Sabbatino, addirittura nella sua dovuta relazione[1] inviata al papa, descrive il Conservatorio come una impresa modesta, così che le fanciulle “vivevano con il proprio lavoro”, magari per far fronte alle difficoltà di sopravvivenza, si può pensare, forse a causa di una crisi temporanea, anche se la motivazione addotta “essendo stato fondato senza redditi” si fatica ad accettarla. Venti anni dopo, il vescovo successore, mons. Quarti,  segna il suo punto di vista, eludendo la questione finanziaria e definendo il conservatorio uno “splendissimo esempio di modestia e onesta educazione”, per le “fanciulle appartenenti a famiglie agiate di Tursi”, dunque, glissando totalmente sull’aspetto economico.

Intanto, la straordinaria Rosanna D’Angella, archivista pugliese di valore, ci fornisce un basilare documento sulla origine del convento, cosa comunque nota nelle sue linee essenziali. La  prova della studiosa è scaturita per puro caso dal suo lavoro di ricerca sulla famiglia di John Giorno[2] ( (New York, 4 dicembre 1936 – 11 ottobre 2019), poeta e artista (italo)americano, discendente della grande famiglia dei Panevino. Si rivela perciò inoppugnabile rispetto alla fondazione, l’atto da lei trovato e così sintetizzato: “Padre Giulio Cesare Modarelli, preposito dell’Oratorio di S. Filippo Neri di Tursi, con il dottor Giacchino Picolla e Francesco Antonio Panevino ricevono e accettano, in qualità di procuratori del dottor Francesco Antonio Andreassi, commorante in Napoli, le somme provenienti dai crediti istrumentari sull’Università di Bernalda e di Craco ed esatti da Vespasiano Fortunato, affinché con questo denaro possano provvedere ad erigere nella chiesa di S. Anna extra moenia una cappella sotto il titolo di S. Caterina e dell’Annunciazione della Beata Vergine e, con la restante parte, debbano istituire un conservatorio femminile adattando a tale scopo la casa palaziatain strata Santa Crucis’ dell’Andreassi, dopo aver ottenuto il beneplacito di mons. Francesco Antonio de Luca, vescovo di Anglona e Tursi (notaio Francesco Basile, Tursi, atto del 21 febbraio 1666)”.

La famiglia Andreassi, dunque, con don Francescantonio, ha il grande merito dell’espressa volontà fondativa, con l’attestazione del lascito, includendo anche eventuali crediti di debitori, e la garanzia dell’allocazione nel loro palazzo, riadattato a proprie spese, situato nell’attuale via San Domenico (da allora fu così denominata la strada d’accesso al Pizzo delle Monachelle, quasi a futura memoria, come usava). In tal modo, anche Tursi ottenne la prima e unica  struttura conventuale femminile e le adesioni aumentarono in poco tempo, fino a una trentina di novizie e professe contemporaneamente, mentre si consolidava l’assetto “claustrale”, organizzativo e gestionale nel volgere del suo primo ventennio.

Il medico e archeologo Antonio Nigro[3] (Tursi, 1764-19 maggio 1854), massimo storico di Tursi, nel suo testo del 1851, ancora fondamentale e insuperato, a riguardo scrive otto righe, poi riprese praticamente da tutti i cronisti e studiosi successivi: “Il Conservatorio di donne sotto la regola di S. Domenico fu fondato e dotato di tutti i suoi beni stabili da D. Francesco Antonio Andreassi, che convertì la sua casa palazziata in conservatorio di nobili donzelle: ciò fu nel 1666, e la prima religiosa fu la madre di P. Giulio Cesare Modarelli. Il detto Andreassi fu figlio del dottor Vespasiano Andreassi di Oriolo, e della Signora Modestina de Consiliis di Tursi, ove il detto D. Francesco Antonio nacque. Salì poi al grado di giudice della Vicaria, fiscale di Camera, e Presidente, ed insieme reggente collaterale. Il vescovo di Tursi D. Francesco Antonio De Luca convertì le case dell’Andreassi in Convento, e Monsignor Sabbatino confirmò le regole registrate nella Platea di detto Conservatorio”.

Nel 1989, Rocco Bruno[4] (Tursi, 5 gennaio 1939-6 gennaio 2009), storico locale della nostra contemporaneità, raddoppia lo spazio e integra, precisa e complica altre brevi questioni: “Anche le donne ebbero in Tursi i loro luoghi di raccolta, di fede e di cultura. Infatti… Francescantonio Andreassi trasformò il suo palazzo in Conservatorio di nubili donzelle. Informa il Nigro che la prima religiosa che vi andò ad abitare fu la madre di don Giulio Cesare Modarelli e che mons. Sabatino ne confermò la regola. In una ‘relationes ad limina’ del 28 novembre 1705 di mons. Domenico Sabbatino si legge che ‘il detto conservatorio contava 28 fanciulle e una serva e che essendo stato fondato senza redditi queste vivevano con il proprio lavoro: tessitura e ricamo, come ricordano ancora i più anziani. In altra relationes del 1725 di mons. Ettore Quarti leggiamo ‘il conservatorio delle fanciulle della regola di San Domenico è uno splendissimo esempio di modestia e onesta educazione. Le fanciulle appartenenti a famiglie agiate di Tursi, erano libere di ‘virginitatis se alligaverint, (sed) etiam ad maritalia transire possunt’. Nel volume dal titolo “Cenni storici sulle Chiese Arcivescovili, Vescovili, e Prelatizie (nullius) del Regno delle Due Sicilie raccolti, annotati, scritti per l’Ab. Vincenzo D’Avino” (Napoli Dalle Stampe di Ranucci, 1848), l’arcidiacono Nicola De Salvo, autore della voce “Tursi Chiesa vescovile” (pagg. 719-727), a pag. 726 scrive: “Non vi esistono (nel 1848, nella diocesi, ndA) clausure di donne, ma solamente due conservatori di donzelle, uno in Tursi, ed in cattivo stato, per essersi le sue rendite incorporate alla beneficenza, che si convertono dalla stessa in atri usi, non accordandosi altro favore alle individue in esso ristette, che fuoco, lume, cappellano, e medico…”. Il conservatorio è stato soppresso nel 1866 in seguito alla legge Cortese, ma verso il 1880 è stato ripristinato ed è esistito sino al 1913. Il luogo ove sorgeva il Conservatorio delle nubili donzelle si chiama ancora oggi ‘Pizzo delle Monachelle’ e la via intitolata tuttora a San Domenico ne ricorda la strada di accesso”.

Tralasciamo pure il raffronto diretto e necessario tra le questioni accennate in avvio e le diverse e rilevanti cose dette sia dai due storici sia dai vescovi, semplicemente perché le circostanze si chiariranno ulteriormente, e credo esaustivamente, proprio nel corso della lettura. Ma sul tema aveva dichiarato solo poche cose essenziali il vescovo del periodo precedente, cioè mons. Francesco Antonio De Luca[5] (1º giugno 1654 – 7 febbraio 1667 nominato arcivescovo titolare di Nazareth), il prestigioso vescovo della fondazione, e praticamente nulla, a noi noto, il successore Matteo Cosentino[6] (3 ottobre 1667 – 8 aprile 1702 deceduto), rispetto a quanto scritto dopo dai successori, mons. Domenico Sabbatino[7] o Sabatini/o (20 novembre 1702 – 19 settembre 1720/settembre 1721 deceduto) e mons. Ettore Quarti[8] (1º dicembre 1721 – 17 novembre 1734 nominato vescovo di Caserta). Infatti, sulla questione iniziale della fondazione, ubicazione e ristrutturazione della sede, compresa la dotazione, ci soccorre un’altra preziosa fonte, ovvero, un magnifico testo proprio di quegli anni scritto dall’autorevole Giorgio Toscano (1630-?), di Oriolo, figlio di Virginia Andreasso e Pietr’Antonio Toscano (?-1650). Sposato a Tursi, dove ha dimorato, fu un notissimo avvocato, oltre che una personalità di rilievo nel territorio calabro-lucano della diocesi di Anglona Tursi. Giorgio Toscano scrisse un ricco memoriale[9], redatto proprio nella seconda metà del XVII secolo e pubblicato postumo, nel 1996 (a cura di Pina Basile, dell’Università degli studi di Salerno).

Laureatosi in Giurisprudenza a Napoli, il 24 luglio 1653, due giorni dopo rientrò nel paese di origine dove poi  divenne Governatore, Giudice e Agente generale della sua Terra. Toscano sposò Cecilia Freggi, primogenita di Rosina La Canna e del Dr Francesco Antonio Freggi, entrambi abitanti di Casalnuovo (l’attuale Villapiana, CS), ma lo sfortunato matrimonio, celebrato a novembre del 1658, durò meno di un anno, poiché la moglie e il nascituro morirono durante il parto a ottobre del 1659. Lo zio Vespasiano Andreasso, fratello della madre Virgina Andreasso, il quale abitava a Tursi,  favorì le seconde nozze di Giorgio, a giugno del 1660, con la tursitana Grazia Coperta (? – 1681), seconda figlia di Lucrezia Picolla e di Giambattista Coperta (la prima figlia Regina Coperta sposò poi Francescantonio Panevino). Grazia e Giorgio, i quali abitarono a Tursi i primi due anni, ebbero almeno sette figli, tra i quali Agnesa Toscano (5 maggio 1671-?), che volle farsi monaca a quindici anni, entrando in convento nel 1686. Il padre dedicò sia alla propria figlia, la futura suor Cristina della Natività, sia al cugino un ritratto nel libro-diario, che contiene una massa di notizie relative alla famiglia Andreasso, alla città di Tursi e ai legami con altre famiglie nobili tursitane, ma offre molti particolari interessanti anche sul Conservatorio delle Nubili Donzelle.

Scrive Giorgio Toscano: <<Mia 6a figlia, da che fu figliola dimostrò sempre spiriti applicati a servire Dio e la beatissima Vergine in qualche chiostro di Religione e come che il Sig.r Presidente della regia Cam.a D.r Francescantonio Andreasso mio cugino, dopo la morte del D.r Vespasiano suo padre, il quale aveva lasciata in Tursi tutta la sua facoltà di stabili di non poca considerazione, e precise d’un bellissimo e commodo palazzo di più e diversi membri, con quantità di territorj, tutti aratorii, e precise a bombace, ch’è la maggiore industria di quel paese, vigne ed altre possessioni fruttifere e vedendosi allora destituito di figli con la prima moglie, si risolse di lasciare in quella città, sua natia patria, una perpetua memoria, e fu di formare per allora un divotissimo Conservatorio di Verginelle, sotto la protezione del Glorioso Patriarca s. Domenico; onde a sue proprie spese fece ridurre l’accennato suo palazzo a forma e modello di convento, con le abitazioni di tante celle, chiostri e commoda chiesa, e li cedè ed assegnò per dote tutti li accennati suoi stabili e possessioni, che possedeva in quella città, di modo che dopo qualche tempo, il conservatorio suddetto s’è ridotto a claustrale convento, dove si fa formalmente la solenne professione. In questo dunque la suddetta mia figlia Agnesa in età d’anni 15 volle andare ad inserrarsi per servire Dio e la B.V., mutandosi il nome di Agnesa in Cristina, e la casata da Toscano in Cristina della Natività, dove persevera con grande fervore di spirito e sempre con avanzo a gloria di Dio e della B.V., vi entrò nell’anno 1686 di novembre>>.

Sui crediti trasferiti degli Andreassi, inseriti nella dotazione,  basti citare l’esempio emblematico di un debitore, pur a distanza di oltre quarant’anni. Questa la sintesi dellaD’Angella: “Virginia Guida, moglie del magnifico Vito Belvito di Tursi, vende al rev. canonico don Giovanni Maria de Leonardis e al dottor Gaetano Panevino, governatori del Conservatorio delle Donzelle Nobili di Tursi, nec non a Madre Rosalia della Visitazione, (al secolo chiamata Cornelia[10] Panevino), priora (anche nel 1694, notaio Leonardo Antonio de Mellis, Tursi) un terreno di tomola trentacinque, in parte “boscosi”, sito nel feudo di Anglona, per il prezzo di ducati ventuno, poiché si ritrova debitrice nei confronti di detto Conservatorio per la somma di ducati sedici e mezzo, essendo erede di suo padre, il fu Giovanni Antonio Guida; infatti quest’ultimo accese un annuo censo, in data 1651 settembre 18, a favore di Vespasiano Andreassi[11],padre del dottor Francesco Antonio Andreassi, fondatore del suddetto Conservatorio(notaio Leonardo Antonio de Mellis, Tursi, 24 agosto 1692)”.

Per abbracciare la vita monastica, le donzelle dovevano avere la consueta ricca dote in denaro, per tonache, pannamenti e suppellettili, oltre a offrire delle garanzie per l’immediato futuro, con una sorta di vitalizio annuale, potendo e dovendo essere accompagnate da donazioni in contanti o tramite beni di famiglia (case variegate, terreni più o meno produttivi) che consegnavano ai governatori del convento e alla priora. Alle ragazze nobili e nubili, maggiorenni ma anche minorenni, si offrì una possibilità di assecondare la propria vocazione e di appagare l’ansia e l’inquietudine di natura esistenziale e religiosa, e non è certo difficile immaginare in loro una forte tempra e perseveranza nel voler condurre una vita ritirata, austera e disinteressata al contatto umano ordinario, mondano e superficiale, abbracciando una esistenza fondata sul silenzio e sulla fedele obbedienza. 

Come questo avvenisse lo si deduce assai bene, esemplarmente, anche dalla volontà di diventare monache di diverse giovani rappresentanti delle grandi famiglie Panevino e Bitonte. Infatti, per potere monacare la figlia Lucretia Panevino, i genitori Regina Coverta e il magnifico clerico Francesco Antonio Panevino consegnano ai governatori del Conservatorio, il rev. canonico Paolino Fidericis e il dottor abate Giovanni Antonio Latronico, così come alla priora  Madre Caterina di Gesù, “la consueta dote di ducati duecento, consistente in ‘un appartamento di case consistente in tre membri’, sito nella Piazza in Tursi, in contrada ‘del Mezo tomolo’ (proveniente dai beni dotali della suddetta Regina Coverta), ed un terreno di tomola otto coltivato ‘a bombace’, sito nel feudo di Anglona, in contrada ‘del Pantanello’ (notaio Leonardo Antonio de Mellis, Tursi, 21 ottobre 1674)”.  Due anni dopo, la magnifica Grazia Picolla, vedova di Camillo Panevino, e la figlia Cassandra Panevino, per potersi monacare, consegnano la dote di duecento ducati ai governatori, il rev. dottor Paolino de Fidericis e il magnifico clerico Giovanni Antonio Latronico, e alla priora, Madre Caterina di Gesù (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 26 maggio 1676; tra i testimoni dell’atto Giacchino Picolla, Francesco Antonio Panevino e Leonardo Vallicente). Per potere monacare la figlia minorenne Benedetta Bitonte, suo padre, il magnifico dottor Carlo Bitonte, di Nocara, consegna in dote la somma di duecentocinquanta  ducati e i necessari pannamenti al magnifico clerico Francesco Antonio Panevino, governatore del Conservatorio (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 1683; notaio Leonardo Antonio de Mellis, Tursi, 16 maggio 1684), e alla priora, Madre Agnesa di San Giuseppe.

Stessa regola ben esplicitata anche negli anni successivi, a oltre venti anni dalla fondazione. Entrata nel convento di Tursi il 21 febbraio 1688, Madre Rosalia, al secolo Cornelia Panevino, e il fratello dottor Giovan Battista Panevino, di professione magnifico (figli entrambi di Matteo Panevino), consegnano ai governatori di detto Conservatorio, il canonico Giovan Battista Totalis e il magnifico dottor Onofrio Latronico, nec non alla priora Madre Lucia del Crocifisso, la somma di ducati duecento (‘obbligando un giardino’ sito in contrada ‘del Campo’, come promesso dal genitore), oltre a ducati ventiquattro e grana dieci per il vitalizio annuale, ducati dieci ‘per il diritto della porta’ e ducati cinque e mezzo per tre tonache ed altre suppellettili (notaio Leonardo Antonio de Mellis, Tursi, 24 giugno 1689). Furono monache, nel 1705 (notaio L.A. de Mellis, Tursi), Giulia e Geronima Picolla, figlie di Barbara Formica e del dottor Scipione Picolla.Pure a distanza di oltre un secolo dalla fondazione, le regole per entrare in convento non erano certo cambiate, come si ha motivo di credere dalla lettura di un altro atto: “Il rev. don Leonardo Basile, procuratore del Conservatorio delle Donzelle Nobili di Tursi, col consenso dei ‘governatori’, ovvero l’arciprete Nicola Capitolo e il rev. don Filippo Ciminelli, e della priora madre Teresa di S. Giuseppe, riceve dal dottor Francesco Panevino la somma di ducati duecento per le doti assegnate a Maria Carmela Panevino e Geronima Panevino, sue nipoti, figlie del dottor Gaetano Panevino e di Costanza d’Erario. Infatti le fanciulle a distanza di tre giorni dalla stipula del presente istrumento ‘dovranno vestir l’abito e le lane di S. Domenico sotto il nome di madre donna Maria Gaetana dell’Immacolata Concezione e madre donna Maria Vincenza del Cuore di Gesù’, assegnando loro anche un vitalizio di annui ducati quaranta, quattro barili di vino e altrettanti di ‘musto’ (Tursi, 7 dicembre 1776)”.

Tra le famiglie che stipulano un “istrumento  di censo”, troviamo con certezza: i coniugi Andrea Ambrosino e Laura Panevino, a favore del rev. Teodoro Guida, procuratore del Conservatorio delle Donzelle Nobili di Tursi (notaio Leonardo Pasca, Tursi, 7 gennaio 1729); gli stessi  coniugi A. Ambrosino e L. Panevino  replicano l’atto a favore del rev. don Andrea Siciliano, governatore del Conservatorio (notaio L. Pasca, Tursi, 17 febbraio 1735); Giacchino Panevino lo stipula a favore del rev. Teodoro Guida, procuratore del Conservatorio (notaio L. Pasca, Tursi, 17 gennaio 1729); la vedova Grazia Santoro, certifica la imposizione di un annuo censo (notaio Filippo Nocerito, Tursi, 20 aprile 1733) a favore del rev. don Leonardo Giamma, procuratore del conservatorio, e del governatore, il dottore arciprete don Filippo Panevino (governatore anche nell’anno 1739, Tursi, notaio Filippo Nocerito); altrettanto fa il tursitano Francesco La Polla a favore dello stesso arciprete e governatore don Filippo Panevino (notaio L. Pasca, Tursi, 6 giugno 1741); “il magnifico Filippo Gioia e Filippo Saverio Gioia, rispettivamente zio e nipote, affrancano un annuo censo a favore del Conservatorio delle Donzelle Nobili di Tursi, rappresentato dal procuratore il rev. don Gennaro Santamaria, col consenso dei priori il rev. don Francesco Bartolini, arciprete, del dottor Francesco Antonio Picolla, “rettore”, e del dottor Gaetano Panevino (notaio Vincenzo Vozzi, Tursi, 23 luglio 1795), scrive con efficacia la D’Angella[12].

Dopo l’unità d’Italia, resta da capire come si pervenne alla chiusura del Conservatorio, anche perché, alcuni anni prima, si era verificato già il crollo di una parte terminale del palazzo.

Salvatore Verde ©

ALCUNI  TERRENI IMPORTANTI DI PROPRIETÀ DEL CONSERVATORIO DELLE DONZELLE NOBILI DI TURSI

Le notizie sui possedimenti sono contenute nella dettagliata ricostruzione storica della famiglia Brancalassi,  scritta dai fratelli poi diventati dottori, Don Tommaso e i canonici Don Filippo, Don Carlo e Don Niccolò, dal titolo emblematico Fedel memoria degli Uomini Illustri, Parenti, Stabili, Urbani e Rurali, Jus, Doti, Ragioni, Servitù, Prelazioni, Cappellanie, Benefici e sue Rendite, Notizie antiche appartenenti alla gentilizia famiglia BRANCALASSO, che ora si rappresenta dalli fratelli, Dottor Don Tommaso, Dottori Canonici della Cattedrale: Don Filippo, Abate Don Carlo e Don Nicolò Brancalasso, registrata nel 1744 (poi aggiornato dal 1443 al 1797 dagli stessi autori). L’ottimo lavoro, durato anni, di interpretazione e trascrizione del manoscritto è ascrivibile alla studiosa Ambra Piccirillo, coniuge di Ciriaco Sciarrillo Brancalassi,  che detiene il documento degli avi (altri eredi dei Brancalasso sono anche a Tursi, tuttora).

Il Conservatorio aveva terreni nella Contrada del PETTO del PASTORE, un comprensorio di terre seminatorie a grano, che confinava con quelli di proprietà dei Brancalassi, i quali li avevano  in gran parte acquistati, “nelle serre scoverte, e sta mediato da un publico torturo, che si va da Tursi alla terra di S. Arcangelo, e sta confinato alle terre del Don Nicolò Picolla, S. Gio: della Collegiata, Chiesa di detta città, e S. Antonio del Seminario fino al vallone franchi, e liberi”.

Ma lo stesso Conservatorio deteneva proprietà anche nelle località MANCHE e MATINE DI FIORENZA e, come per i privati, capitava di dovere tutelarne diritti, interventi e confini: “ sono misurate ora in tom. cento venti cinque,125 in circa, franche, e libere dalla decima vescovile, così ne’ Capitoli matrimoniali perchè non esprimono decimali, e così posseduti dalli loro antecessori Don Pomponio, e Dottor Don Gio: Andrea Brancalassi, senza mai pagarsi decima alcuna, e così pro tempore si sono portati li Cappellani del Feudo, e Collettori delle decime: in quali matine, e manche che si sboscarono dall’ Arciprete verso ponente, cioè verso lo confine de’ terreni del Conservatorio delle nobili Donzelle di questa città nacque strepitosa differenza fra essi, e per parte del detto Conservatorio fu preposto il Padre Gio. Lorenzo Panevino dell’Oratorio, fornito di tutta integrità, confirmato dall’Illustrissimo Monsignor Don Domenico Sabbatini e fatto l’accesso con i massari, e periti fu decisa la differenza, e si fe lo confine com’apparisce, e nelle matine, e nelle manche, e così si è fatto, e si è nel pacifico possesso: le matine confinano col Don Filippo Picolla limite mediante, e così il detto Conservatorio, le manche col medesimo verso ponente, e verso ponente e verso Borea vallone, meglio appariranno dalla Pianta, perchè detta massaria sta confusa e divisa in più comprensorii”.

Nelle zone dette DESTRE e MATINE del TUFO, alias del CONTATORE, vi era la piccola destra del Conservatorio e “il confine di tal territorio d’oriente, era da mezo giorno torturo, e vallone, da ponente l’altra metà, che si possiede dal Signor Francesco Antonio Panevino, altri furono comprati dal Dottor Don Gio: Andrea Brancalassi, com’apparisce dall’Istromento fatto per il Notar Lionardo Antonio de Mellis a 22 d’Agosto 1719.

Altre terre del Conservatorio nelle dette Destre e Matine, erano al confine, a Borea le terre del Don Nicolò Picolla, ad oriente e mezo giorno, e nella matina le terre dei Brancalassi, nelle altre Destre del Contatore, nella Contrada di Poscella per la Masseria di Basso (citazione nell’Instromento per Notar Gio.  Battista Pasca al primo di Aprile 1753). E le destre del Conservatorio delle Nobili Donzelle che scendono alla fontana di Terlizzi, che si va a Sant’Arcangelo confinante con le terre ducali  comprate dai Dottori Arcidiacono Carlo e Canonico Nicolò Brancalassi dal Capitano di Campagna Gio. Fanale.

Altri possedimenti erano nel FEUDO D’ANGLONA, e propriamente nella CONTRADA di PANARACE e SPINETO, confinanti con  “il territorio di detti Signori Brancalassi, che cominciano a confinare colle terre delle Reverende Monache del Conservatorio, da parte di Ponente, dove vi è un limite mediante, che tira dall’ultima destra verso Tursi…”

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CONSERVATORIO DELLE DONZELLE NOBILI DI TURSI (1666-1866): CONTRIBUTO PER L’ELENCO DEI GOVERNATORI E DEI PROCURATORI, DELLE PRIORE E DELLE MONACHE

GOVERNATORI DEL CONSERVATORIO DELLE DONZELLE NOBILI DI TURSI

1674, Rev. canonico Paolino Fidericis e Dottor abate Giovanni Antonio Latronico (notaio Leonardo Antonio de Mellis, Tursi, 21 ottobre 1674).

1676, Rev. dottor Paolino de Fidericis e al magnifico clerico Giovanni Antonio Latronico (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 26 maggio 1676).

1683, Clerico Francesco Antonio Panevino governatore (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 1683).

1684, Magnifico clerico Francesco Antonio Panevino (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 16 maggio 1684).

1689, Canonico Giovan Battista Totalis e magnifico dottor Onofrio Latronico (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 24 giugno 1689).

1692, Canonico don Giovanni Maria de Leonardis e dottor Gaetano Panevino (notaio L.A. de Mellis, 24 agosto 1692).

1732, 1733, 1734, 1739, 1741, Arciprete don Filippo Panevino anche “governatore” (notaio Pietro Nucito seniore, Tursi, 1732); (notaio Leonardo Pasca, Tursi, 30 maggio 1733); dottor (notaio Filippo Nocerito, Tursi, 1739); (notaio L. Pasca, Tursi, 6 giugno 1741).

1769, 1771, 1772, 1773, 1774, 1775, 17776, D. Francesco Panevino (notaio Vincenzo Lauria, Tursi, 17 novembre 1769); (dal 1771 al 1776, notaio Celestino Nocito, Tursi).

1773, Dottor teologo arciprete Nicola Capitolo e don Filippo Ciminelli e dottor Francesco Panevino (notaio Vincenzo del Quaglia, Tursi, 3 gennaio 1773).

1776, Arciprete Nicola Capitolo e rev. don Filippo Ciminelli (Tursi, 7 dicembre 1776)

1788, Rev. dottor canonico Francesco Antonio Capitolo e padre Giambattista Sabarese (notaio Vincenzo del Quaglia, Tursi, 7 febbraio 1788)

1795, priori il rev. don Francesco Bartolini, arciprete, del dottor Francesco Antonio Picolla, “rettore”, e del dottor Gaetano Panevino (notaio Vincenzo Vozzi, Tursi, 23 luglio 1795)

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PROCURATORI DEL CONSERVATORIO DELLE DONZELLE NOBILI DI TURSI

1729, Rev. Teodoro Guida (notaio Leonardo Pasca, Tursi, 7 e 17 gennaio 1729).

1739, 1740, Rev. don Andrea Siciliano (istr. del 22 marzo 1739, notaio Pietro Nocito di Tursi, notaio Gaetano Nocerito, Tursi, 21 gennaio 1740)

1773, Don Leonardo Basile (notaio Vincenzo del Quaglia, Tursi, 3 gennaio 1773).

1776, Il rev. don Leonardo Basile (Tursi, 7 dicembre 1776)

1788, Rev. don Gennaro Santamaria (notaio Vincenzo del Quaglia, Tursi, 7 febbraio 1788)

1795, Rev. don Gennaro Santamaria (notaio Vincenzo Vozzi, Tursi, 23 luglio 1795)

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PRIORE DEL CONSERVATORIO DELLE DONZELLE NOBILI DI TURSI

– 1674-76, Madre Caterina di Gesù, priora (notaio Leonardo Antonio de Mellis, Tursi, 21 ottobre 1674); 1676 (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 26 maggio 1676).

 – 1684, Madre Agnesa di San Giuseppe, priora (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 16 maggio 1684).

– 1689, Madre Lucia del Crocifisso, priora(notaio L.A. de Mellis, Tursi, 24 giugno 1689).

1692-94, *Madre Rosalia della Visitazione. priora, al secolo Cornelia Panevino (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 24 agosto 1692);  1694, Madre Rosalia (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 1694). sorella del magnifico dottor Giovan Battista Panevino, entrata nel Conservatorio delle Donzelle Nobili di Tursi il 21 febbraio 1688 (notaio L.A.de Mellis, Tursi, 24 giugno 1689).

– * [13]1694? Madre Margarita di Sant’Orsola, ovvero Lucretia Panevino, entrata in convento nel 1674 (notaio Leonardo Antonio de Mellis, Tursi, 21 ottobre 1674). Figlia di Regina Coverta e del magnifico clerico Francesco Antonio Panevino, Lucrezia era sorella del rev. don Francesco Panevino, deceduto alla fine di gennaio del 1696 a Napoli (notaio L. A. de Mellis, Tursi, 11 febbraio 1696).

– 1773, Madre Cherubina di S. Vincenzo, figlia di Giulia Panevino, priora (notaio Vincenzo del Quaglia, Tursi, 3 gennaio 1773).

– 1776, Madre Teresa di S. Giuseppe, priora (Tursi, 7 dicembre 1776)

1788, Donna Maria Battista del Paradiso, madre priora (notaio V. del Quaglia, Tursi, 7 febbraio 1788)

*Cornelia Panevino, sorella del magnifico dottor Giovan Battista Panevino, a distanza di appena quattro anni e mezzo dall’ingresso nel Conservatorio delle Donzelle Nobili di Tursi, avvenuto il 21 febbraio 1688 (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 24 giugno 1689), nel quale aveva assunto il nome di Madre Rosalia della Visitazione, ebbe l’incarico di priora, ovvero nel 1692 (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 24 agosto 1692), quasi un tempo da record. Nel 1694 Madre Rosalia era ancora priora (notaio L.A. de Mellis, Tursi, 1694).

All’opposto, ma nella stessa famiglia, il caso di Felice Panevino, con il nome di “Madre Chiara Felice della Purificazione, la quale chiede, nel 1732 (notaio Pietro Nucito seniore, Tursi, 14 novembre 1732),di essere ammessa ai voti perpetui, essendo non ancora monaca Professa del Conservatorio delle donzelle nobili della città di Tursi sotto il titolo di S. Domenico, trovandosi ormai in detto conservatorio dall’anno 1706.

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MONACHE DEL CONSERVATORIO DELLE DONZELLE NOBILI/NUBILI DI TURSI

– * 1674. Lucretia Panevino entrò in convento (notaio Leonardo Antonio de Mellis, Tursi, 21 ottobre 1674) e fu monaca professa nel Conservatorio delle Donzelle Nobili di Tursi, con il nome di Madre Margarita di Sant’Orsola. Figlia del magnifico clerico Francesco Antonio Panevino e di Regina Coverta, Lucrezia era sorella del rev. don Francesco Panevino, deceduto alla fine di gennaio del 1696 a Napoli (notaio L. A. de Mellis, Tursi, 11 febbraio 1696).

1686. Agnesa Toscano (5 maggio 1671-?),figlia della tursitana Grazia Coperta e di  Giorgio Toscano,“in età d’anni 15 volle andare ad inserrarsi per servire Dio e la B.V., mutandosi il nome di Agnesa in Cristina, e la casata da Toscano in Cristina della Natività, vi entrò nell’anno 1686 di novembre”.

– *1690? Giustiniana Picolla, monaca, sorella di padre Andrea Picolla, ottava figlia  di donna Giulia Margiotta e del dott. Giacchino Picolla

1705. Giulia e Geronima Picolla, figlie di Barbara Formica del dottor Scipione Picolla, furono, monache nel 1705 (notaio L.A. de Mellis, Tursi; citate nell’atto del notaio L.A. de Mellis, Tursi, 27 ottobre 1841).

– 1732. Felice Panevino, con il nome di “Madre Chiara Felice della Purificazione, “non ancora monaca Professa del Conservatorio delle donzelle nobili della città di Tursi sotto il titolo di S. Domenico, trovandosi ormai in detto conservatorio dall’anno 1706, chiede di essere ammessa ai voti perpetui (notaio Pietro Nucito seniore, Tursi, 14 novembre 1732).

1745. Suor Madre Chiara Felice Panevino, monaca, dona ‘inter vivos’ a suo nipote il dottor Francesco Panevino, “per l’amore che gli porta, tutti i suoi stabili e mobili, con l’obbligo di pagare ducati quindici a detto conservatorio per legati di messe” (notaio Gaetano Nocerito, Tursi, 7 dicembre 1745).

1776. Maria Carmela Panevino e Geronima Panevino, figlie del dottor Gaetano Panevino e di Costanza d’Erario,a distanza di tre giorni dalla stipula del presente istrumento dovranno vestir l’abito e le lane di S. Domenico sotto il nome di madre donna Maria Gaetana dell’Immacolata Concezione e madre donna Maria Vincenza del Cuore di Gesù”. A tal fine il loro zio, il dottor Francesco Panevino, versa la somma di duecento ducati per le doti assegnate e  assegnando alle fanciulle anche un vitalizio di quaranta ducati annui, quattro barili di vino e altrettanti di “musto” (Tursi, 7 dicembre 1776).

1788. Donna Caterina Panevino, terza figlia di donna Costanza d’Erario e il dottor Gaetano Panevino,  prenderà i voti col nome di “madre Maria Fedele del Salvatore”, per questo il padre versa la somma di ducati cento per “limosine e dote”, assegnandole anche un vitalizio di annui ducati venticinque e “due barili di vino e due di musto” (notaio Vincenzo del Quaglia, Tursi, 7 febbraio 1788).

1797. Donna Costanza d’Erario e il dottor Gaetano Panevino, civile, hanno monacato tre figlie gentildonne: Maria Carmela, Geronima e Caterina. Proprio alle monache Geronima, col nome di Maria Vincenza, e Caterina Panevino,col nome di Maria Fedele, il padre conferma, con testamento nuncupativo (espressione orale della volontà), loro vita durante il vitalizio ed altri benefici che era stato assegnato loro nell’atto di monacazione, nominando esecutore testamentario padre Michele Sabarese dell’Oratorio di S. Filippo Neri (notaio Leonardo Antonio Pasca, Tursi, 12 luglio 1797). Caterina e Geronima, monache professe, fecero entrambe testamento, ma separatamente, il 23 luglio 1835 (notaio Filippo Maria d’Aloisio, Tursi, 23 luglio 1835), designando erede universale il loro nipote Giovanni Panevino, figlio di Filippo Panevino.

Nel 1838, le gentildonne monache Geronima Panevino/madre Maria Vincenza e Caterina Panevino/madre Maria Fedele, donarono tra vivi al loro nipote Giovanni Panevino, figlio del dottor Salvatore Panevino, in occasione delle sue nozze con Maria Giuseppe Grande di Miglionico, “tutti i loro diritti sull’asse ereditario della famiglia Panevino, in quanti detti beni non furono divisi nemmeno dopo la morte del dottor Filippo Saverio Panevino, loro fratello” (notaio Filippo Maria d’Aloisio, Tursi, 8 maggio 1838).

1818. Muore suor Maria Cherubina Sabarese, di anni 86, monaca professa, figlia di Giulia Panevino e di Nicola Sabarese e di (Stato civile di Tursi, atti di morte, 16 febbraio 1818). Dopo pochi giorni, il 26 febbraio 1818, muore anche il fratello della monaca, don Michele Sabarese, di anni 85 (Stato civile di Tursi, atti di morte, 1818), sacerdote nell’Oratorio di S. Filippo Neri di Tursi, già esecutore testamentario delle volontà del dottor Gaetano Panevino, civile (notaio Leonardo Antonio Pasca, Tursi, 12 luglio 1797). Il rev. padre Michele Sabarese, in data 1° aprile 1793, istituì un pio monte per il mantenimento di sei alunni nell’Oratorio di S. Filippo Neri di Tursi, “a ciascuno dei quali sarebbe spettato un assegno annuale di ducati cinquanta, dotando detto monte dell’annua rendita di ducati 348 e grana 68 ½  in perpetuo, proveniente da censi enfiteutici (notaio Vincenzo Lauria, Tursi, 1793)”.

1840, il 25 marzo, muore Maria Vincenza, al secolo Geronima Panevino, di anni 77, monaca professa (Stato civile di Tursi, atti di morte, 1840).

– 1841, muore anche madre Maria Fedele, all’anagrafe Caterina Panevino, di anni 70, monaca professa (Stato civile di Tursi, atti di morte, 1841).

Da ricordare che Donna Filomena Brancalasso (Tursi, 9 febbraio 1840 – 17 aprile 1917), è stata tra le ultime praticanti del convento e non è certo che se ne sia uscita prima della chiusura, magari con le dimissioni, anche se tendo ad escludere questa ipotesi soprattutto per una questione cronologica. Di certo iniziò proprio in quegli anni la sua limpida storia d’amore con Giovanni Battista Ayr (Tursi, 21 aprile 1841 – 8 aprile 1895), il grande medico, anche del Conservatorio, poi scienziato e illuminato sindaco di Tursi. Si sposarono alle ore 23 dell’8 agosto 1871 e dal matrimonio nacquero sei figlie, tra le quali Carmela Ayr, il personaggio femminile più importante in assoluto della lunga storia di Tursi.

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[1] Relazione ad limina ‹ad lìmina› locuz. lat. – Forma abbreviata dell’espressione eccles. ad limina apostolorum, sottint. visitatio («visita alle soglie – cioè alle tombe – degli apostoli»),con cui è usualmente indicata la visita a Roma resa obbligatoria nel 1585 da papa Sisto V per tutti i vescovi, che in tale occasione presentano alla S. Congregazione concistoriale (ora detta Congregazione per i Vescovi) una relazione scritta sullo stato della loro diocesi (Vocabolario Treccani).

[2] D’Angella R., Ricerca genealogica della famiglia Panevino per John Giorno, 1550-1936,  documentazione inedita.

[3] Nigro A., Memoria topografica istorica sulla Città di Tursi e sull’antica Pandosia di Eraclea oggi Anglona, Tipografia di Raffaele Miranda, Napoli, 1851; ArchiviA, Rotondella, MT, 2009.

[4] Bruno R., Storia di Tursi, III Edizione aggiornata a cura di Gaetano Bruno, Valentina Porfidio Editore, Moliterno (PZ), 2016;

[5] Mons. Francesco Antonio De Luca (vescovo della Diocesi: 1654-1667), da Molfetta,  arcidiacono della Cattedrale della sua città, diede impulso alla congregazione dell’oratorio di San Filippo Neri di Tursi, edificò il palazzo vescovile e tenne un Sinodo nell’aprile 1656. Dimessosi per motivi di salute, fu traslato Arcivescovo di Nazaret. Morì in Molfetta e fu seppellito in quella Cattedrale.

[6] Mons. Matteo Cosentino (1667-1702 deceduto), dei marchesi di Aieta di Cosenza, convocò due Sinodi ed ampliò in l’episcopio, fu sepolto nella Cattedrale di Tursi.

[7] Mons. Domenico Sabbatino (1702-1721 deceduto), calabrese di Strongoli, teologo, restaurò la Cattedrale che arricchì di argenti preziosissimi e, a proprie spese, migliorò il seminario.

[8] Mons. Ettore Quarti  (1721-1734), patrizio milanese di Belgioioso (in provincia di Pavia), fu prelato degnissimo, tenne un Sinodo e fece costruire l’altare maggiore, oltre a ristrutturare la sagrestia della Cattedrale. Roma lo mandò come Legato Pontificio nel monastero del Sagittario per restaurarvi la disciplina. fu trasferito vescovo di Caserta.

[9] Giorgio Toscano, Memorie di famiglia. Genealogie e cronache calabresi in Giorgio Toscano,Collana Quaderni di Storia del Mezzogiorno, n. 12, a cura di Pina Basile, Università degli studi di Salerno, cattedre di Filologia dantesca e Letteratura umanistica (Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1996). Dello stesso autore La storia di Oriolo di G. Toscano, a cura di Pina Basile (Roma, 1985).

[11] D’Angella R., Ricerca genealogica della famiglia Panevino per John Giorno, 1550-1936,  documentazione inedita, cit.

[12] D’Angella R., Ricerca genealogica della famiglia Panevino per John Giorno, 1550-1936,  documentazione inedita, cit.

[13] Aggiornamento del 29 marzo 2021. Vitale Sabina, che ringrazio, ha evidenziato la notizia della monaca Picolla e della monaca Panevino che assume l’incarico di priora (senza indicazione della data precisa), così come scritto nel testo di Giorgio Toscano, Memorie di famiglia. Genealogie e cronache calabresi in Giorgio Toscano (cit.), risalente proprio alla fine del XVII secolo.

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