TRAGEDIA SFIORATA QUESTA MATTINA NEL CENTRO STORICO DI TURSI. UN INCENDIO SI È SVILUPPATO NEL PALAZZO BRANCALASSO. PROSEGUE ANCORA L’OPERA DI SPEGNIMENTO RESIDUALE

Cronaca

Fotto delle ore 12, dal ponte sul canale Pescogrosso

TURSI – Un incendio si è sprigionato questa mattina (martedì 11 aprile) poco dopo le undici in una delle poche abitazioni del celeberrimo Palazzo Brancalasso di Tursi, tra i più noti della Città di Pierro e della Rabatana. Sulle cause sono in corso gli accertamenti. Solo la prontezza di Salvatore Laita, che si trovava casualmente nell’adiacente piazza (del) Plebiscito, ha evitato una tragedia, di fatto salvando dalle fiamme del proprio appartamento la pensionata Eleonora Cucaro, vedova Spadafora, di 88 anni, riuscendo a portarla in salvo all’esterno verso le ore 11.15.  Subito dopo ha dato l’allarme. L’intenso fumo nero era visibile anche da lontano e tutti i tursitani hanno subito avuto contezza dell’accaduto al n. 1 di via Garibaldi. Poco dopo mezzogiorno sono arrivati Vigli del Fuoco del Comando di Matera, con due squadre di dieci persone ciascuna del Distaccamento di Policoro e di Tinchi. Il loro compito non è stato agevole, sia per la difficoltà di raggiungere il luogo, nel centro storico, sia per la mancanza assoluta di allacciamento ai bocchettoni per gli idranti antincendio. Sul posto si è recato subito lo stesso sindaco Salvatore Cosma, con lo staff della Polizia locale e dell’Ufficio Tecnico, con diversi curiosi e abitanti del rione san Filippo, tra i quali Rocco Spadafora, che si adoperato anch’egli nelle fasi iniziali del contenimento, e l’architetto Francesco Silvio Di Gregorio, incaricato da Enrima Camardo, farmacista del paese e tra i pochi eredi tursitani dei Brancalasso e dell’immobile.  Sono in corso le verifiche strutturali e le ricognizioni dell’efficacia dell’opera di spegnimento, a causa delle travi in legno. E proprio quest’ultimo aspetto ha fatto rievocare negli abitanti il doppio incendio dell’8 e 10/11 novembre 1988, che distrusse totalmente la Cattedrale dell’Annunziata. Ovviamente tutti auspicano che non si ripeta un fatto simile.

(Testo aggiornato alle ore 17 dell’11 aprile 2023) Salvatore Verde © 

Il Palazzo Brancalasso è tra i luoghi più suggestivi di Tursi, meta inevitabile dei visitatori e dei turisti che osino avventurarsi a piedi per salire o scendere dalla Rabatana. Decantato in diverse liriche (U’ Mamone; ‘A posta; Stanotte; U mort) dal grande poeta Albino Pierro (Tursi, 1916 – Roma, 1995), acclarato candidato più volte al Nobel, il palazzo del Barone è da sempre fonte di leggende, aneddoti e pettegolezzi del tutto assurdi, inutili e controproducenti, relativi non solo alla costruzione ma perfino alle tre statue sovrapposte (a simboleggiare forse la Sapienza, il Potere e la Ricchezza). Di antica fabbricazione a blocchi, in circa duecento anni (dalla fine del XVI agli inizi del XIX) se ne contano almeno quattro, dei quali uno interamente crollato (di fronte al palazzo dei Panevino). Notizie, date e nomi si ricavano in modo indiscutibile dal manoscritto Fedel memoria degli Uomini Illustri, Parenti, Stabili, Urbani e Rurali, Jus, Doti, Ragioni, Servitù, Prelazioni, Cappellanie, Benefici e sue Rendite, Notizie antiche appartenenti alla gentilizia famiglia BRANCALASSO, che ora si rappresenta dalli fratelli, Dottor Don Tommaso, Dottori Canonici della Cattedrale: Don Filippo, Abate Don Carlo e Don Nicolò Brancalasso, registrata nel 1744. Si tratta del documento di 170 pagine, da poco tempo disponibile nella lodevole trascrizione, durata anni, della studiosa  Ambra Piccirillo, moglie di Ciriaco Sciarrillo Brancalassi, custodi del manoscritto e tra i discendenti della nobile, antica e potente famiglia Brancalasso ad Ancona. Per i cultori di storia locale e non soltanto, riporto integralmente il relativo paragrafo dedicato al “PALAGGIO” che ne sintetizza alcuni aspetti. (s.v.)

<<Il PALAGGIO di cui la contrascritta pianta si è lineata in fronte a mezzogiorno sta sito nella Contrada de Brancalassi da oriente sta attaccato colle case, e taverna della Cattedrale di questa città, da mezzogiorno la strada maggiore che conduce alla Piazza, da occidente perpetua mediante li casaleni del SS.mo (Santissimo) della Chiesa Cattedrale, delli Signori Picolla e Panevino, da borea strada pubblica e vicinale, è diviso il detto Palaggio in più membra, e così cominciando dal Portone di basso si entra nel cortile mezzo scoverto, e mezzo coverto, dentro del quale a man deritta si trova una casetta sotto la volta della gradiata, stando all’uso de Forastieri pedoni, ed in fronte una lamia con fondo ad uso di casaleno, nel mezzo del quale a man sinistra vi è una cisterna intonicata piena di terra e volendosi introdurvi l’acque di sopra per via di condotti sarebbe freddissima in tempo d’estate. e salendo per la gradiata fatta, e rifatta con grandissima spesa da muratori Pisticcesi a man deritta si entra in un magazeno, e fondo nel di dentro, che vanno colla botegha di sotto a beneficio della nostra Cappella. A man sinistra del fondo di detto magazeno si entra in una casetta, e sia ….. luogho da conservar oglio, come si vede, qual casetta sta col Palaggio stando situata sotto la gradiata.  A man sinistra poi della detta gradiata in fronte del detto magazeno vi si entra in un’altro,che sta sito sopra la lamia del cortile e casolare.. E continuando a salire la gradiata si trova il cortile di capo dove si veggono tre porte, per la prima si entra nel quarto delle femine, per la seconda nella sala, e per la terza nello studio. Ed entrandosi nella sala, si veggono due fenestre, e due porte all’incontro, l’istromento della detta sala, cortile avanti, e casaleni fatto quarto nuovo fu comprata dal Dottor Don Pomponio Brancalassi come dalla copia autentica, che si conserva nel nostro Archivio ed è del tenor seguente: …nel 1688……(segue copia anastatica dell’atto notarile). Dalla detta sala si entra nel quarto nuovo, a man deritta consistente in una camera, e studio nelle di cui fenestre che sporgono nel cortile di basso sono finte sul motivo di farsi una loggia, come si spera farsi nell’anno corrente 1773 per esser preparato tutto il necessario. Dalla detta scala a man sinistra si entrano in tre camere di filo cioè la prima ereditaria pervenuta alla famiglia rappresentante per divisione fra li Dottori Don Pomponio e Francesco Antonio Brancalassi germani come si conserva negli atti di Lionardo De Mellis dell’anno, la seconda era un casaleno, che colle inferiori furono pervenutegli per via di permutazione fatta tra il Don Pomponio Brancalasso colli Dottori Scipione Picolla e Andrea, e Picolla Domenico fratelli alli 8 di luglio 1696 come dal protocollo del notaio Lionardo Antonio De Mellis, e li detti fratelli di Picolla in iscambio ebbero carlini quindeci e mezzo di censo perpetuo nel territorio di Santa Maria Le vigne come presentemente se li esigono, mentre l’altri si esigono dalla famiglia Rappresentante. E nel detto istromento per la detta casa inferiore, che sta per uso di magazeno è il seguente patto annesso dalli detti Permutanti. Patto espresso però, che detti fartelli De Brancalassi loro eredi,e successori, e possessori di detta casa permutata si possono servire della scala, che saglie all’altra casa di essi fratelli di Picolla, che si tiene ad affitto dal sacerdote Don Donato di Ruberto per andare nella medesima casa permutata, quante volte però di detta casa permutata se ne vorranno servire, per uso di magazeno, o affittarli ad altri per detto mestiere, ma servendosene, o affittarla ad altri per uso di abitazione, non possano in modo neruno servirsi di detta scala, anzi debbiano  serrare la porta che esce in detta scala con fabrica o chiodi ad elezione di essi Brancalassi. Ed in caso, che non la serrassero detta porta, o fabbricassero come sopra e si servissero di detta casa per uso di abitazione, sagliendo per detta scala, o per altra, e dalli predetti fratelli di Picolla, e loro eredi,e successori, e possessori della suddetta loro casa si sopportasse per qualsia lungo tempo non s’intenda fatto nessuno pregiudizio ad esi fratti di Picolla, o alli loro eredi, successori, e possessori di detta casa, ma possono sempre astringere ad essi fratti de Brancalassi, e loro eredi, successori, e possessori di detta casa e farla serrare senza, che essi predetti dei Brancalassi e loro eredi, successori e possessori ut supra possono allegare nessuna prescrizione, ed eccezione del patto suddetto: se ne habbia sempre memoria, siano tenuti così, come s’obbligano essi predetti Brancalassi se, loro eredi, e successori e possessori ut supra di rinomare detto patto ogni trenta anni a semplice richiesta dei Signori di Picolla, loro eredi, successori, e possessori come di sopra per pubblico istromento stipulato a spese communi. E così passando per la detta seconda camera si entra nella terza detta l’ultima, la quale attacca colla casetta delli forni stipo, e muro mediante, e furono in solidem comprati dalli dottori Pomponio, ed Arciprete Brancalassi dalli Padri dell’Oratorio di San Filippo Neri pervenutigli per donazione, e fondazione dal Signor Giuseppe Antonio Brancalassi in data del 1649 stipulata per il Notaio Francesco Antonio Vallicente, qual compra fu circa l’anno 1701, trasformato da detti Padri fe l’istromento per Notaio Lionardo Antonio de Mellis nell’anno1701 mediante assenso vescovile per ducati trenta, e furono impieghati nell’oliveto sotto San Francesco. Ritornando dal cortile di sopra si entra a man sinistra nel quarto delle donne compresa in due, quali sono ereditarie e pervenute dalla donazione fatta fra li fratti Dottori Pomponio, Gio: Antonio, e Francesco Antonio Brancalassi. Avanti il portone e propriamente sopra il casolaro del Signor Francesco Panevino si possiedono una casa superiore ad uso di pagliera comprata dal Dottor Arciprete Don Gio: Andrea Brancalasso da Lionardo Rinaldo e Vittoria Guida coniugi mediante assenso reggio per il prezzo per ducati quarantatre, qual danaro fu impieghato in compra di altre case nel vallone: il di cui istromento fu stipulato dal Notaio Lionardo Antonio De Mellis al primo di novembre 1721. Qual casa e casetta sta confinata da orione strada publica, da mezzogiorno strada publica e portone della famiglia, da sotto il casolaro del Don Signor Francesco Panevino, da ponente casa dotale di M.° Mario Gravina, da borea piccolo piano di detta casa, in ove si potrebbe fare una gradiata per una casa superiore facienda ed insorse per il detto pianetto briga, volendolo appropriare il Signor Gaetano Panevino per le sue case dette in emphiteusi a Matteo Barilao, onde di comuni vi si portò il fratto Padre Gio: Lorenzo Panevino, e fu determinato a favor dell’ Arciprete Don Gio: Andrea servendosi di memoria a posteri la pianta di detta casa è la contrascritta.  LA STALLA che si possiede avanti il portone di capo è pervenuta dalla divisione fatta fra li Dottori Don Gio: Andrea e Pomponio, e Don Francesco Antonio Brancalasso, come si conserva nel Protocollo di Notaio Lionardo Antonio De Mellis, la cisterna fu fatta dall’ Arciprete, sta confinata ab oriente il casolaro del Don Signor Francesco Panevino da mezogiorno strada publica da ponente la casetta dotale di M.° Mario Gravina, ed è lineata nella seguente pianta. CASA sopra la detta stalla comprata dalli Dottori Arciprete Dottor Don Filippo e Canonico Dottor Nicolò Brancalassi per ducati 60 incirca dal … e Vincenzo fratelli di Gravina per istromento Notaio Gio: Battista Pasca nell’anno incirca 1760. >>

a cura di Salvatore Verde © 

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