IN MEMORIA DELLA PROF MARIA BARBETTA, INTELLIGENTE, CORAGGIOSA E DAL FORTE CARATTERE, ANTICIPATRICE DI VALOROSE ISTANZE CIVILI E SOCIALI

Personaggi
La Prof Maria Barbetta

Sarà celebrata domenica, alle ore 19,30, nella cattedrale dell’Annunziata di Tursi, la messa del settimo giorno in ricordo della prof Maria Barbetta, deceduta serenamente lo scorso 29 luglio, nella sua abitazione di vico Cirillo n.3, nei pressi della cattedrale e dell’episcopio, dove ha vissuto praticamente da sempre. Aveva 82 anni, da poco compiuti, essendo nata  il 17 luglio 1940. Persona notissima nell’ambiente scolastico e nella comunità non soltanto tursitana, oltre che in ambito regionale per il suo impegno nell’associazionismo cattolico e per suoi trascorsi politici nella Democrazia Cristiana.

Secondogenita di sei figli di Michele Barbetta (28 giugno 1911 – 3 giugno 1989), titolare di una apprezzata macelleria, e di  Teodolinda Santamaria (15 gennaio 1915 – 2 gennaio 1985), conosciuta come Giulia, Maria era sorella di Antonietta, Giuseppe, Lazzaro, Teresa, Luigi. La sua vita è stata segnata dal destino avverso, che però, mai è riuscito a comprimerne gli slanci ideali e le mete, l’energia e il dinamismo. “Nata normalissima, all’età di circa 12-14 mesi, mentre muoveva i primi passi nel macello del padre, la bambina zoppicò e cadde; all’incidente si associò una forte febbre causata dal virus della poliomielite”, ci dice la nipote Mariagiulia Di Noia, anche lei docente della scuola Secondaria di Secondo Grado, rievocando diversi aneddoti e teneri ricordi della zia. Tutto questo intaccò per sempre il fisico della futura prof, in particolare gli arti inferiori con conseguenze evidenti sull’armonia del movimento. “Ma lei non ci pensò poi tanto, si sentiva già felice e ricominciò il suo canto”, parafrasando il genio di Lucio Dalla, tanto da diventare una figura davvero eccezionale e protagonista di annotazioni valorose nella memoria tursitana e per diverse generazioni, circondata costantemente dal sostegno amorevole e incondizionato della famiglia, come dal confronto dialettico e relazionale sempre alla pari con i più diversi interlocutori.  

Maria Barbetta è stata certamente una donna intelligente, coraggiosa e di forte carattere, a suo modo anticipatrice di numerose istanze sociali e civili di spessore assoluto, soprattutto sui diritti dei disabili e delle donne in genere, tanto più in uno scenario sociale paesano e tradizionale, come era quello di Tursi e del Sud nel periodo del Secondo dopoguerra e fino agli anni Settanta del Novecento. Straordinaria la sua passione per le auto. Appena maggiorenne, nel 1961, conseguì la patente di guida e fu molto probabilmente la prima donna patentata a livello tursitano. Significativo il fatto che, più di una scelta di libertà, fosse stata una vera e propria volontà paterna, che aveva acquistato da poco una Fiat 1100 103 nera, targata MT4047, che la famiglia ancora oggi conserva. L’auto serviva allora non per le gite familiari domenicali, ma per il trasporto degli animali che il padre Michele sceglieva nelle masserie del circondario e che sarebbero stati destinati alla macellazione. Inoltre, aggiunge sempre la prof Di Noia, “sembra proprio che la scelta ricadde su Maria semplicemente perché era l’unica figlia ancora in casa con l’età per guidare. Si, la passione per le auto non la abbandonò mai. Nel 1977, acquistò una lussuosissima Audi 60 L color verde ramarro, che scelse per caso in una concessionaria di Matera in pronta consegna, nel 1988 passò a un’auto italiana, la inconfondibile Fiat Duna bianca, che conservò fino al 2002, quando acquistò l’ultima e attuale Fiat Seicento”.

Convinta della necessita dell’emancipazione femminile, “femminista”, per lei l’8 marzo era non soltanto una festa, ma un’occasione di riflessione “che la portava ad essere relatrice in diversi eventi delle associazioni nei quali, con vigore e fermezza, portava avanti la teoria della donna come colonna vertebrale della società, non solo mamma e moglie, ma anche professionista e in grado di migliorare il mondo”, ricorda ancora la nipote Mariagiulia.

Dopo nove anni di pre-ruolo, la dignitosa carriera scolastica nella Scuola Media di Tursi si è sviluppata, dal 1° ottobre 1974 al 31 agosto 2001, come docente di Educazione tecnica, dunque per 35 anni complessivi, prima del meritato pensionamento.

Cosa resta del suo insegnamento? Di sicuro l’urgenza dello studio e del bisogno di libertà e l’ancoraggio alla grande tradizione umanistica, con la consapevolezza e la maturità riflessiva sul suo vissuto, inteso come limite pure fisico da oltrepassare e non come invalicabile confine nel quale rinchiudersi, oltre alla necessita di continuare a sognare in grande, conservando la propria identità-integrità fino all’ultimo. Avrebbe certamente meritato maggiori riconoscimenti, ma la vita è così, a volte anche ingiusta, ma pur sempre con gioia e sofferenza. Minuta fisicamente, la sua voce era invece potente e inconfondibile, quasi un contrasto per ergersi al di sopra della cronaca ed entrare nel flusso della storia tursitana. La morte di un insegnante-docente segna quasi sempre un passaggio generazionale, come la perdita di un libro raro che avevamo tanto e comunque imparato ad amare.

Salvatore Verde ©

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