VERSO IL REFERENDUM DEL 4 DIC: VOTARE SI O NO?

Scritti corsari
Antonio Di Noia
Antonio Di Noia

L’illustrazione di alcuni aspetti rilevanti della riforma, oggetto del prossimo referendum, si arricchisce di alcuni autorevoli pareri. Adesso quello di Piero Ignazi (Ordinario di Scienze politiche a Bologna) pubblicato sul quotidiano “La Repubblica”.

“Perché  Matteo Renzi è tanto affezionato al sistema elettorale dell’Italicum? È strano che anche un leader giovane e dinamico come il segretario del Pd non colga lo spirito dei tempi e resti affezionato a problemi inattuali della politica come la ‘governabilità’. Questione importante, certo, ma oggi passa in secondo piano rispetto al problema della “rispondenza” tra eletti ed elettori, drammaticamente sollevato dall’ondata dell’antipolitica. Il mantra della governabilità venne invocato con forza da Bettino Craxi alla fine degli anni Settanta, ed era sostenuto da chi vedeva cadere i governi come i birilli dopo nemmeno un anno, ed assisteva al rinvio alle calende greche di tante riforme necessarie. Sacrosanta quindi l’esigenza di far funzionare meglio le istituzioni. Ma non si mosse foglia. In seguito, all’epoca del crollo dei partiti tradizionali, nel 1993-94, … fu individuato in un nuovo sistema elettorale maggioritario ad un turno, il Mattarellum. Solo che quel sistema era corretto da un bel 25% di proporzionale, e proprio per questa contraddizione interna non ha prodotto i frutti sperati”.

Argomenta Ignazi: Il governo attuale ha imboccato la strada di un’ampia e disordinata riforma costituzionale, integrata da una nuova legge elettorale. La prima potrà solo essere approvata o cancellata in toto dal prossimo referendum confermativo, la seconda, fallita la raccolta di firme per un referendum abrogativo, può invece essere ancora modificata per via ordinaria. La riforma della Costituzione non porterà i frutti sperati perché sono troppe le sue contraddizioni interne, anche laddove individua correttamente un punto nevralgico come la corsia preferenziale in Parlamento per le proposte governative – la cosiddetta “data certa”. Ma la riforma elettorale, invece, porterà frutti avvelenati. L’insistenza del segretario democratico nel difendere il suo progetto, che trasuda fiorentinità da ogni comma, si spiega solo nella sua convinzione che il risultato più importante delle elezioni sia quello di «sapere chi ha vinto» la sera stessa. … L’antipolitica, con il suo correlato di populismo, è il vero nemico della democrazia. È la distanza che separa politici e cittadini ad infettare il nostro sistema. La penetrazione massiccia dei 5Stelle tra le componenti giovanili-centrali (sotto i 45 anni), abbastanza istruite, e di ceto medio e medio-basso, dimostra quanto sia drammatica, e pericolosa, una tale ampiezza del sentimento anti- establishment”.

In conclusone, Ignazi scrive: “Allora, come fare a disinnescare questa pulsione negativa verso la politica e il vivere civile? Dando tutto il potere al vincitore come fa l’Italicum? Ma nemmeno per sogno. La risposta migliore sta nel cercare di riavvicinare elettori e eletti con quel sistema elettorale che più riduce le distanze tra gli uni e gli altri. Vale a dire con un sistema uninominale in cui ogni collegio ha il suo deputato, poi corretto da un ballottaggio tra i primi o tra chi supera una certa soglia, per tagliare le frange estreme e velleitarie e favorire la governabilità. … Come sarebbe stato molto meglio abolire il Senato piuttosto che trasformarlo in un dopolavoro dei consiglieri regionali, l’Italicum va cancellato perché non colma in nessuna maniera il fossato tra cittadini e rappresentanti. Se non si comprende quanto sia importante la fuga dalle urne e la rabbia degli esclusi, si lascia andare il sistema alla deriva. Il populismo ha ancora una valenza soft nei 5Stelle: può deflagrare in posizioni lepeniste nell’arco di poco tempo. Bisogna correre ai ripari e invertire la rotta guardando al faro della maggiore e migliore rispondenza tra governanti e governati. È l’intelligenza delle cose che oggi sfida il capo del governo e segretario del Pd.

 Di parere diverso il giornalista Nicola Guarino.

“Il problema non è la corrispondenza tra elettori e candidati, in realtà in questo problema si cela un’ipocrisia di fondo, perché non da ora, ma direi da sempre, i candidati sono scelti dai partiti, dalle segreterie e poi, dalla seconda repubblica, dai leader di partiti e movimenti. Peraltro, io credo che, sotto questo profilo, la riforma sia quasi la diretta continuazione di un processo che ci ha portato dal “multipartitismo esasperato”, la definizione fu di Leopoldo Elia, ad un quasi maggioritario, senza voto di preferenza. Una cosa proposta da Mario Segni e che riscosse un tripudio di consensi proprio in un referendum – scrive Giarino -.

Questo perché la scelta dei candidati nel tempo diede vita ad odiose pratiche clientelari e corruttive. La realtà è che il problema storico dell’Italia repubblicana è da sempre la “governabilità”. 66 governi in 60 anni sono una cosa che non ha paragoni in Europa. Un vulnus che non solo non ha permesso per decenni di riformare e modernizzare il paese, ma che ha finanche determinato, che i governi successivi azzerassero il poco prodotto dai governi precedenti. Ed ancora il combinato tra la riforma del Senato e la legge elettorale, consente di impedire la pratica, francamente imbarazzante, di coalizioni di partiti che magari vincono, ma poi di fatto non governano. Prodi (per non dire di Berlusconi) fu impedito, pur avendo la maggioranza, di governare prima a causa di Bertinotti e poi di Mastella che avevano partiti con percentuali che in assoluto sfioravano l’irrilevanza, ma che pesavano enormemente per avere la maggioranza. Tutto questo a danno del paese – aggiunge Guarino -.

Un paese dove decide la minoranza è un’anomalia democratica. Lei tocca anche un tema a me caro quello dell’antipolitica, del populismo e dei pericoli insiti in questi due concetti. Premesso che il sentimento di rivolta contro gli esecutivi deriva, a mio avviso, proprio dalla incapacità dei governi di governare, io credo che l’unico atto di vero cambiamento e di rottura contro un sistema come quello attuale, che ha presentato molte ombre e favorito anche pratiche di potere estremamente discutibili, sia votare Si al referendum. Contro il Si vi è un blocco che lascia riflettere, un’anomalia che assembla insieme Travaglio e Berlusconi, Zagrelbeskj e Salvini, Grillo e i comitati del Family Day. C’è tutto un sistema che non vuole una semplificazione del quadro politico, che non accetta che ci sia un governo che possa governare senza ricatti ed un parlamento che possa legiferare senza estenuanti ping pong con un senato doppione ed inutile. Quante volte in questi passaggi si sono fatti entrare piccole modifiche che dovevano accontentare la lobby di parte, il profitto di qualcuno. Contro questa riforma c’è un’acredine sospetta (fatta di rancori personali, di ripicche politiche che nulla hanno a che fare con il merito del referendum). Ho sentito giuristi esperti fare critiche assolutamente generiche (è il caso di Zagrelbeskj, giornalisti molto considerati come Travaglio arrivare a dire falsità: “La riforma riduce gli spazi di democrazia diretta”). È  un falso. Pensi che la Bonino e i radicali voteranno SI, perché questa riforma consente finanche i referendum propositivi, cosa che oggi non è consentita. C’è una politica che vota No solo per paura di perdere il posto alla provincia o al parlamento o in qualcuno degli enti inutili che saranno soppressi dopo il voto. C’è un altro punto per cui tutti sono scatenati contro questa riforma. Un fatto comprensibile per quanto meschino. Ad una destra in crisi e ai Grillini in ascesa fa gola l’idea dell’inevitabile abbandono di Renzi nel caso vincessero i NO. Ed ancora una volta la miopia politica si contenta di raggiungere questo ipotetico risultato anche a rischio di creare nuovi e più gravi disagi al paese”.

Guarino così conclude: “Solo così si può spiegare la pervicacia di forze come i 5 Stelle che da questa riforma potrebbero trarre solo vantaggi, la stessa destra in prospettiva potrebbe avvalersene. Del resto questa è una riforma che varrebbe per decenni e quindi ben oltre l’attuale racconto della politica italiana. Mi creda, la realtà è proprio il contrario di quanto lei sostiene, mi perdoni la franchezza. L’unico voto anti-establishment è il SI tutto il resto è oggettivamente conservazione, è riportare il paese indietro di anni. Del resto guardi gli argomenti dei fautori del NO. Sono assolutamente vaghi, spesso deviano dal merito per parlare di temi strettamente contingenti all’attualità politica, oppure si punta ad una disinvolta disinformazione. Sono troppi gli esempi, ma ne faccio ancora uno. Si è detto: Gli elettori non eleggono il senato. Non è vero. Gli elettori scelgono i candidati al Senato, e li scelgono al momento in cui votano per le Regioni. Il senato sarà una sorta di camera delle regioni come nel sistema tedesco, cosa che porterà, non solo alla fine definitiva delle provincie, ma anche alla fine della Conferenza Stato/Regioni. La ringrazio ancora perché davvero occorre approfondirsi, si tratta di un voto importante per il futuro del paese.

Prof. Tonino Di Noia

Lascia un commento